Di Aurora mi piacciono tante cose, in particolare che è semplice, senza fronzoli, che ci passa la Dora e che puoi trovare la vera commistione di Torino: quella del cibo. Certo Aurora non è tutta uguale. In particolare, tra la freschezza di Porta Palazzo e la gentrification di Borgo Rossini c’è un posto che per me racconta benissimo quello che Torino potrebbe essere. Non è un ristorante, non è un bar, ma si mangia da dio e si beve ancora meglio. Ci si può fermare a lavorare con una fetta di torta, fare l’aperitivo o il pranzo della domenica con i tortellini. Questo posto si chiama Ailimē e mette insieme Emilia Romagna e Giappone, così, all’improvviso.
Ailimē
via Messina 8/a | Torino
Ma – Sa | 12.00 – 1.00
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Tre motivi per andare da Ailimē
- Capire cosa è il sake (e trovare il tuo preferito)
- Assaggiare la combo bianco di Judith Beck + okonomiyaki
- Tortellini e bollicine la domenica
Ailimē, l’izakaya di Torino
Ailimē nasce nella testa di Chicca Vancini, sommelier di sake, emiliana di origine, profondamente torinese. Lei voleva poter ordinare la cotoletta e poi un’onigiri, avere una carta di vini e sake infinita e poter bere un Awamori (un distillato dell’isola di Okinawa, fatto con il riso thai), così ha aperto questo luogo di libertà, design minimal e tante finestre. Una izakaya dove la carta dei sake e dei vini è lunghissima e preziosa (ma non vi spaventate perché Chicca ha il superpotere di guardarvi e capire che cosa potrebbe piacervi) e dove non si mangia fusion, ma un mix di piatti della gastronomia giapponese e di quella emiliana. Cosa li unisce? L’umami, che ben si sposa con il sake, e il fatto che sono piatti della cucina casalinga. Perché Ailimē è uno spazio libero, dove andare per stare bene, bere e poi anche mangiare.
La carta vitivinicola parte dall’Italia ma tocca quei luoghi del mondo che – a causa del cambiamento climatico- ora offrono prodotti interessanti. Poi si va al vino di riso giapponese e a una buona selezione di birre giapponesi e italiane. Le bollicine sono emiliane, tutte rifermentate. Non aspettatevi i classici in barrique, ma tante bottiglie che fanno cemento, anfora e quasi tutti vini a fermentazione spontanea. In tutta questa libertà ci sta anche una selezione di distillati giapponesi che regalano cocktail leggeri, che non puntano sull’alcolicità ma sulla eleganza.
Si può “anche” mangiare
Se pensate di andare in un ristorante, potreste rimanere delusi (nonostante l’ottimo cibo). Il menu è pensato più che altro per stuzzicare, anche se troverete piatti sostanziosi come i passatelli in brodo di shiitake, le tagliatelle al ragù, la cotoletta alla bolognese o il shoyu ramen. Il punto forte, però, è che potete andarci quando avete voglia di giapponese, ma non di sbancarvi in un sushi di alto profilo o di abbuffarvi in un all you can eat. E poi potete portare anche quegli amici che preferiscono sempre la pasta.
Qualche consiglio direttamente da Chicca: assaggiate il Kotēkiki, un mini bun con cotechino artigianale, alga nori, takuan, una salsa di pomodoro con Awamori e tonkatsu sauce e abbinate la cotoletta alla bolognese con un nama-sake, che non è pastorizzato ed è buonissimo, o un Futsushu tiepido. Io, invece, adoro la combo onigiri e asazuke e mi diverto a provare i cocktail, ma il menu cambia tutti i mesi, per cui avete tutto il tempo di divertirvi, in libertà.
All images © 2023 Mirko Mina
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