Ombre e luci: l’architettura dell’Ara Pacis

Liza Karsemeijer Pubblicato il 23 Settembre 2020

Se avete già letto i miei articoli, sapete che ho scritto su molti “simboli” contemporanei romani come il MACRO, il MAXXI ed il Colosseo Quadrato. C’è un edificio a Roma che mancava ancora sulla mia lista: il Museo Ara Pacis. L’edificio evoca forti sentimenti sia nei romani che nei visitatori stranieri: alcuni pensano sia un capolavoro dell’architettura moderna, altri lo paragonano ad ‘una pompa di benzina nel Texas’. Chi ha ragione? Decidete voi.

Museo Ara Pacis
Lungotevere in Augusta (angolo di Via Tomacelli) | Roma
Biglietto intero € 11,50

Lu – Do | 9.30 – 19.30

Sito | Facebook

Passeggiando per Via di Ripetta, rimango sempre affascinata dal contrasto tra l’edificio di questo museo e ciò che c’è al suo interno: è l’incontro tra l’antico e il moderno per eccellenza. Per i passanti occasionali che non conoscono L’Ara Pacis sarà pure difficile da credere, ma questo pezzo di architettura del XXI secolo ospita un manufatto romano davvero importante.

Ricostruzione di un ricordo perduto

Il museo deve ovviamente il suo nome all’antico monumento che ospita: l’Ara Pacis. L’altare, dedicato alla dea romana della pace (Pax), fu costruito per Augusto, il primo imperatore di Roma. Dopo il suo ritorno da una spedizione pacificatrice in Spagna e Francia nel 13 a.C., il Senato commissionò questo altare per onorare la Pax Romana.

ara pacis roma

Dopo il declino dell’Impero, l’Ara Pacis diventa un ricordo perduto fino al 1568, quando i suoi resti vengono scoperti sotto il Palazzo Peretti in Lucina, accanto alla basilica di San Lorenzo in Lucina. L’altare che potete ammirare oggi è una ricostruzione di frammenti che sono stati ricuperati dal XVI al XX secolo. Il progetto viene portato a termine negli anni 1930 da Mussolini, che si era autodichiarato successore degli antichi dittatori romani e voleva onorare il bimillenario della nascita di Augusto il 23 settembre 1938. Attorno all’altare fu costruito un grande padiglione dall’architetto razionalista Vittorio Ballio Morpurgo, che poi venne abbattuto nel 2000 per far spazio all’attuale edificio dall’architetto americano Richard Meier.

Contrasto tra luce e ombra

La costruzione di Meier in vetro, cemento e acciaio vanta una cortina di vetro lunga 45 metri che permette ai passanti sul Lungotevere di sbirciare all’interno. L’edificio di Meier rende omaggio all’architettura classica romana: l’architetto ha utilizzato un travertino romano beige per le scale e le pareti, per le proporzioni dell’edificio si è ispirato alle antiche strutture capitoline. Le pareti di vetro e il lucernario nella sala sopra l’altare creano un piacevole gioco di luci e ombre. Quando entrate nel museo, passerete attraverso una zona di penombra, giungendo in uno spazio centrale pieno di luce naturale – con l’altare al centro.

Dall’inaugurazione del nuovo edificio di Meier nel 2006, il museo è stato oggetto di critiche sia da parte dei romani che degli stranieri. Non c’è dubbio che il posto abbia una forte memoria politica e forma un contrasto con gli edifici storici che lo circondano. Il critico d’arte Vittorio Sgarbi ha definito il nuovo museo ‘una pompa di benzina nel Texas’ e ha criticato Meier per non conoscere per niente la città di Roma. Per fortuna ci sono stati anche dei critici che hanno fatto dei complimenti al lavoro di Meier. A giudicare dai numerosi visitatori che si fanno i selfie davanti alle mura esterne del museo, si potrebbe dire che Meier sia riuscito a creare un’opera per lo meno fotogenica. Ma non credetemi sulla parola: date un’occhiata e valutate anche voi.

ara pacis roma
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