Siamo onesti: pensando a Torino la prima cosa a cui si pensa non è di sicuro l’immagine bucolica di una collina ricoperta di vigneti. Perché diciamocelo: a Torino il vino siamo più abituati a berlo che a farlo (parola di Strade). Tuttavia, un po’ di sere fa mentre navigavo su internet senza una rotta precisa, probabilmente in preda a uno dei miei soliti deliri etilici notturni, mi sono imbattuto in un articolo che parlava della Vigna della Regina, una delle principali vigne urbane d’Italia! Che – se ancora non lo aveste capito – si trova proprio qui a Torino. Così ne ho parlato a Filippo, che ha assecondato quello che non era più un semplice delirio etilico, ma un luogo da scoprire (e – perché no? – raccontare). E dopo un paio di email e telefonate avevamo combinato quasi tutto.
Dovevamo solo capire dove si trovasse.
Ma non sarebbe stato difficile scoprirlo.
Seconda stella a destra, questo è il cammino… (più o meno)
Tranquilli, non avrete bisogno di alcun tipo di polvere volante per raggiungere questo posto incantato. Anzi! Vi basterà riempire le vostre borracce, munirvi di un paio di scarpe comode e in poco più di una quindicina di minuti sarete arrivati.
Fate conto di trovarvi nel centro di Piazza Vittorio e di avere la Gran Madre dritta davanti a voi. Adesso spostate leggermente lo sguardo alla sinistra della chiesa e osservate quell’imponente struttura gialla che si staglia sulla collina: esatto! La Villa della Regina. Perché sì: come suggerisce il nome, la Vigna della Regina si trova proprio all’interno dei cortili della Villa della Regina. E per arrivarci non dovrete fare altro che lasciarvi la Gran Madre alle spalle, imboccare Via Villa della Regina (la fantasia in terra sabauda non sempre regna sovrana, devo dire) e salire dolcemente fino allo spiazzo antistante la Villa. Ma prima di entrare godetevi per un istante la vista impagabile su Torino e su tutto l’arco alpino che si apre dietro la città.
(Breve nota a margine: spot super tattico per limonare! Dovrei tornarci in altra compagnia… senza nulla togliere a quella di Filippo, ovviamente)
Villa della Regina
Strada Comunale Santa Margherita, 79 | Torino TO
Lu | 17 – 21
Ma – Sa | 10-18 (ultimo ingresso alle 17)
Do | Chiuso
Sito | Facebook | Instagram

La Villa dove innamorarsi (ancora una volta) di Torino
(Inizio del veloce – e molto approssimativo – momento Superquark)
Una volta entrati ci siamo presi un po’ di tempo per esplorare gli interni della Villa e ammirare le affascinanti decorazioni barocche, mentre la luce dorata del tramonto filtrava dalle finestre.
La Villa fu costruita durante la prima metà del Seicento per volere di Maurizio di Savoia (sesto figlio di Carlo Emanuele I), che desiderava allontanarsi dai tumulti della vita di corte, per ritirarsi in campagna a discutere d’arte e letteratura insieme alla moglie Ludovica (non male come progetto di vita, tutto sommato). Ma è durante il Settecento che la Villa vive il periodo di maggior splendore, grazie alla regina Anna Maria di Orléans, che si innamora perdutamente di questo luogo, della sua quiete rurale e della strepitosa vista su Torino. Così la Villa diventa la residenza preferita della regina (da qui l’appellativo Villa della Regina), e con l’intervento dell’immancabile Juvarra prende l’aspetto che è possibile osservare ancora oggi.
E se le stanze della Villa ci avevano lasciato senza fiato, i giardini ci hanno fatto innamorare (per farvi un’idea dello spettacolo guardatevi le mega foto che Filippo ha fatto col drone alla fine dell’articolo). Appena usciti nella parte retrostante della Villa, ci siamo immersi in uno scenografico giardino all’italiana a forma di anfiteatro, attraversato da siepi, statue, gradini, terrazze e fontane. Uno spazio magico dove camminare liberamente, perdersi lungo i sentieri o sedersi all’ombra dei grandi alberi che circondano il giardino. Ed è stato proprio passeggiando senza metà tra le siepi, che a un certo punto ci siamo ritrovati davanti a un rigoglioso vigneto: eravamo arrivati.
(Fine del veloce – e molto approssimativo – momento Superquark)
Far rinascere la Vigna della Regina
Lo spettacolo è senza paragone. La vigna, che un tempo si estendeva lungo tutto il perimetro del giardino, ricopre adesso circa un ettaro di terreno, che quasi si allunga ad abbracciare la Mole Antonelliana. Dopo essere stata a lungo trascurata, a inizio Duemila è stata nuovamente impiantata, per ripristinare uno degli aspetti più caratteristici di questa residenza sabauda. Le regine che si sono succedute nel tempo, infatti, avevano particolarmente a cuore questo vigneto, e se ne prendevano cura in prima persona.
Da queste piante veniva prodotto uno dei vini più amati dalla corte sabauda: il Freisa. Così, durante la rinascita della Vigna della Regina si è deciso di restare fedeli alla struttura originaria, impiantando soltanto questa varietà. E dopo un bando pubblico, la gestione del vigneto è stata data in concessione per dieci anni a un’azienda vitivinicola che di Freisa – come leggerete a breve – ha una certa esperienza: la Cantina Balbiano di Andezeno, piccolo borgo poco lontano da Chieri.*
Un vigneto unico, quello della Vigna della Regina, che rappresenta uno degli esempi più celebri e importanti al mondo di vigna urbana (espressione con cui ci si riferisce a quei vigneti situati all’interno delle città). So bene cosa state pensando: se Torino è tristemente conosciuta come una delle città più inquinate d’Europa, allora chissà di che vino stiamo parlando? In realtà, a queste altitudini (350 metri sul livello del mare) l’aria non risente dello smog cittadino (che rimane piuttosto “incastrato” tra le strade e i palazzi del centro); inoltre, la favorevole esposizione a sud e il terreno calcareo di questo versante della collina rendono questo angolo di paradiso ideale per coltivare la vite.
* Da pochissimi giorni, dopo un nuovo bando pubblico, la gestione della Vigna della Regina è passata alla Società Agricola Orsolina di Moncalvo, in provincia di Asti, che si prenderà cura di questo angolo di paradiso per i prossimi cinque anni.
Dalla vigna alla cantina è un attimo, almeno per noi
Arrivati a questo punto, la cosa da fare era una e una soltanto: passare dalla vigna alla cantina. È bastato un rapido scambio di sguardi con Filippo per capire che era arrivato il momento di assaggiare qualche vinello. Così, pochi giorni dopo siamo venuti a scoprire la Cantina Balbiano. Qui abbiamo conosciuto Luca (terza generazione della famiglia Balbiano), che ci ha accolto poco dopo aver terminato un pranzo domenicale a base di bagna cauda. Cosa che non ha di certo ostacolato la nostra curiosità (e soprattutto la nostra sete).
Come accennavo poche righe sopra, la Cantina Balbiano ha fatto del Freisa non soltanto il vino più rappresentativo della sua produzione (delle 80 mila bottiglie prodotte ogni anno l’85 % è di Freisa), ma anche una vera e propria dimostrazione d’amore per il proprio territorio. Il Freisa, infatti, è un antico vitigno autoctono piemontese. E anche se diffuso in buona parte della nostra regione, proprio sui dolci pendii della collina torinese ha trovato un habitat perfetto. Il riconoscimento di questo straordinario connubio lo si può ritrovare anche nella denominazione Freisa di Chieri DOC (tra le più importanti quando si parla di Freisa in Piemonte).
La sede della cantina si trova all’ingresso del piccolo borgo di Andezeno, sotto il profilo austero del castello medievale che domina il paese. Uno degli aspetti più interessanti della visita sta nella possibilità di addentrarsi tra i cunicoli di tufo scavati sul fianco della collina, dove le bottiglie più importanti rimangono per molto tempo ad affinare. Ma non è tutto: superando un ultimo corridoio ci si ritrova persino immersi in un vero e proprio museo del giocattolo d’epoca: un piccolo tesoro messo insieme dalla famiglia Balbiano nel corso degli anni, che ci ha fatto fare un tuffo nel passato.
Cantine Balbiano
C.so Vittorio Emanuele II, 1, 10020 Andezeno TO
Visite e degustazioni su prenotazione
Sito | Facebook | Instagram
Non solo Vigna della Regina: mille sfumature di Freisa
Finito il giro tra gli antichi giocattoli e ritrovata la strada verso l’ingresso principale, non ci restava altro che iniziare a far roteare i calici. E dopo aver scaldato i motori con il loro Primiera, un novello freschissimo e beverino, con la sua esuberanza di amarene, ciliegie e fragoline fresche, ci siamo fatti guidare in un viaggio alla scoperta delle mille sfumature di Freisa (per i più curiosi, consiglio di approfondire anche i molti altri vini della cantina: dall’intramontabile Barbera al rarissimo Cari).
Prima di tutto il Freisa di Chieri nella sua espressione più sincera e tradizionale: frizzante. Un vino franco e succultento, per gli amanti dei rossi frizzanti: il perfetto vino da aperitivo. Seguito dal Surpreisa: un Freisa fermo vinificato in acciaio che sento molto più nelle mie corde, ben dritto nella sua natura immediata e preciso in uno sbuffo di mora selvatica. E poi ancora il Freisa di Chieri Superiore Barbarossa, affinato in tonneau di rovere francese: elegante e robusto, percorso da dolci traiettorie di marmellata di frutti di bosco e di leggera polvere di vaniglia.
E per concludere questo viaggio nel Freisa, eccoci arrivati a sua altezza il Freisa di Chieri Superiore Vigna della Regina, unica menzione “vigna” di tutta la denominazione (menzione, di cui possono fregiarsi pochissime altre vigne italiane, come la leggendaria Vignarionda di Serralunga d’Alba). Un Freisa di vertiginosa complessità, dove si incontrano infusi di fiori rossi essiccati su cenni di spezie piccanti, tracce di menta e rabarbaro su more stramature e prugne sciroppate, e ancora un leggero ricordo di caldarroste autunnali. Una meraviglia soffermarsi a pensare alla sua origine torinese…
Perché dai, adesso possiamo anche dirlo: che a Torino il vino siamo più abituati a berlo è la verità, ma anche a farlo non ce la caviamo poi così male.

All images © 2022 Filippo Racanella
Immagini della Villa e della Vigna della Regina su concessione del Ministero della cultura, Direzione regionale Musei Piemonte
Ti piacciono le foto e vorresti usarle per raccontare la tua attività? Clicca qui e scopri come!