Le case di Torino

Arianna Cristiano Pubblicato il 16 Marzo 2019

Il sabato che mi piace è fatto così: sveglia (in condizioni più o meno decenti), doccia, caffè on the go, tre bip sulla colonnina del ToBike e via. Dedico sempre un po’ del mio weekend a esplorare angoli nuovi e a prestare attenzione ai dettagli che, durante la settimana, noto solo di sfuggita. Troppe volte passiamo davanti agli stessi palazzi quasi senza accorgercene, senza chiederci da quanto stiano lì o perché. Ecco, il sabato è il giorno in cui ho il tempo di farmi queste domande, e in sella a due ruote, io e Fabio siamo andati a fare un giro in cerca di risposte. Questi sono alcuni dei palazzi e dei dettagli che di solito ci sfuggono, raccolti su un percorso di un’ora e mezza facilmente percorribile in bici.

Che cosa è successo al mignolo di Cristoforo Colombo?

Sotto i portici della Prefettura spicca dal 1923 un altorilievo di Cristoforo Colombo il cui mignolo è calamita di molti in cerca di un pizzico di fortuna: strofinarlo si dice sia di buon auspicio, soprattutto nel caso degli studenti. Devono esserne passati tanti di qua, perché è talmente consumato da essersi assottigliato, tanto da essere stato persino sostituito. Noi lo abbiamo testato, ma non è che ci abbia portato tutta questa fortuna. Ma in caso di necessità, tentar non nuoce.

Dove Prefettura di Torino, Piazza Castello 205/199, angolo Viale dei Partigiani

Cosa c’entra il diavolo con la Banca Nazionale del Lavoro?

Il mistero passa da qui, proprio sulla linea del bus 15. Non è un caso che il numero civico originario del prossimo edificio, che in passato fu anche Fabbrica dei Tarocchi, fosse il 15, quello che nel mazzo dei tarocchi è associato alla figura del Diavolo. Dove siamo? A Palazzo Trucchi di Levaldigi, commissionato dall’allora Generale delle Finanze di Carlo Emanuele II e attuale sede della Banca Nazionale del Lavoro.

La leggenda vuole che questo portone sia comparso dal nulla una notte del 1675, come punizione del Diavolo nei confronti di un apprendista stregone che lo aveva infastidito invocandolo: questo infatti sarebbe stato intrappolato all’interno del portone, il cui batacchio porta la firma di Satana, sogghignante e con due serpenti in bocca.

Ma il numero di anime in pena rimaste intrappolate nel palazzo era destinato ad aumentare: dal 1790 si aggira nelle stanze il fantasma di una danzatrice misteriosamente accoltellata durante una sfarzosa festa in maschera ai tempi di Marianna Carolina di Savoia. Pochi decenni vi si persero le tracce del maggiore Melchiorre Du Perril, che entrò nel palazzo per un pasto veloce e non ne uscì più. Solo vent’anni dopo, durante alcuni lavori di ristrutturazione, fu trovato uno scheletro imprigionato e sepolto in piedi nel muro. Insomma, l’esoterismo qui è di casa.

Dove Palazzo Trucchi di Levaldigi, Via XX Settembre 40, angolo Via Alfieri

Che fine ha fatto Ebe de Marivaux?

Uno dei misteri che non ha ancora avuto risposta certa è il significato della mano che sporge da su uno dei portoni di Corso Matteotti. E’ uno di quei dettagli che si perde facilmente nel caos urbano, seminascosto dietro una goffa fermata dell’autobus. Si dice appartenga a una cortigiana francese che abitò in questo palazzo nei primi anni del 1900; famosa per la sua bellezza, attirò le attenzioni di parecchi uomini tra i quali tale Bilinksy, facoltoso finanziere russo. Fu proprio grazie alla sua ingente disponibilità economica che conquistò l’attenzione di Ebe, che però scemò drasticamente quando questo perse tutti i soldi. Alla scoperta poi del tradimento della bella Ebe, accecato dalla gelosia, il finanziere tese un agguato alla donna e al suo amante, attendendo che scendessero dalla carrozza e proprio davanti a questo portone le scagliò contro un pugnale. La lama non la colpì, ma si conficcò nel tronco di un albero (ricordato per un periodo come l’albero di Ebe). L’epilogo di questa storia è sconosciuto, e cercare una risposta nella lettera che pende dalla mano a guardia del portone non ci aiuterà. Tra le varie interpretazioni, c’è chi vede una richiesta di aiuto della cortigiana, spaventata dagli atteggiamenti violenti del finanziere oppure una semplice lettera d’addio indirizzata ad uno dei suoi spasimanti.

Dove Corso Matteotti, fermata bus 55

Cosa ci fa un uomo sul tetto di Casa Riva?

Decisamente inquietante se ci si trova a passeggiare da queste parti al calar della sera, la storia legata all’uomo dal braccio mozzato di Casa Riva è sicuramente meno inquietante di quanto sembra. La statua maschile, insieme a quella femminile sottostante, fa da guardia all’edificio progettato dall’architetto Antonio Pogatschnig (su incarico di Secondo Riva) nel 1932, esempio lampante di un razionalismo architettonico fortemente influenzato dal periodo fascista. Le statue sono opera dello scultore Umberto Baglioni, che a Torino ha lasciato altre importanti testimonianze (La Dora e il Po in piazza CNL ne è un esempio). Per cercare la risposta del perché questa statua abbia un braccio mutilato, non bisogna andare molto lontano: questo fu infatti volontariamente danneggiato e spari dopo la caduta del fascismo.

Dove Via Pietro Palmieri 4, angolo Via Talucchi

San Salvario

Camminando in San Salvario ci si accorge facilmente di come questo sia il quartiere dei contrasti; serpeggiando tra i localini serali, gli appartamenti affittati agli studenti fuori sede e le insegne al neon dei kebab all’angolo, è facile perdersi, e tutte le strade sembrano assomigliarsi fino a condonfere l’orientamento. Ma se c’è una cosa che le differenzia sono i pregiati esemplari di palazzi d’epoca che si trovano qua e là, forgiati dalle correnti architettoniche più disparate ed esposti al sole, alle intemperie e alle fotocamere degli avidi instagrammer locali. Noi non ce li siamo di certo fatti scappare e siamo andati a scovare nuove facciate dall’aspetto curioso per la serie #lecaseditorino.

La Casa dei Pipistrelli

La residenza sabauda di Batman è sicuramente un esempio da annoverare tra quelli più riusciti nell’ambito dell’architettura gotica. I pipistrelli a cui si riferisce il suo nome, sono quelli che sorreggono i balconi (uno su entrambi i lati) e a colpo d’occhio si potrebbe anche non notarli subito, data la loro altezza. Questi decori risalgono al 1876, e furono aggiunti solo in un secondo momento per ordine del proprietario dello stabile, tale Pasquale Zanzi. Non si conosce il motivo di queste sculture misteriose: c’è chi dice che i pipistrelli avessero uno scopo apotropaico, altri sostengono semplicemente sia il frutto di una mente eclettica e originale come quella di Zanzi, col solo scopo di lasciare gli ignari passanti in preda allo stupore.

Dove Via Madama Cristina 19, all’angolo con Via Silvio Pellico

Il Portone del Melograno

Ci sono poche certezze nella vita, ma di una cosa potete stare certi: se a Torino vi imbattete in un bellissimo edificio Liberty, c’è sicuramente lo zampino dell’architetto Pietro Fenoglio,. E infatti qui, nel 1907, che il massimo esponente della Belle Epoque torinese ha lasciato le sue tracce e neanche in maniera troppo discreta. Questo è forse uno dei portoni più belli di Torino e devo dire che provo quasi invidia per chi abita in questo palazzo. Questo edificio ha diverse caratteristiche delle abitazioni spagnole (le maioliche colorate e i balconi in ferro tra queste) e il portone floreale è realizzato totalmente in ferro battuto; i due alberi di melograno rappresentati, con frutti rossi sgargianti e brillanti foglie verdi, sono inseriti in una cornice a coda di pavone, ma il colore che ora vediamo non è altro che un intervento recente: prima tutto il portone era ricoperto da un uniforme strato grigio.

Dove Via Giovanni Argentero 4, all’angolo con Piazza Nizza

La Casa delle Prostitute

Di questa casa non si sa molto, complice il fatto che sia legata ad un argomento che fin dall’antichità è stato considerato un tabù; si sa però che i volti delle 11 donne rappresentate sui due lati del palazzo rappresentano altrettante prostitute dell’epoca. Non si è certi che quel palazzo fosse il loro headquarter ma si presuppone che, in seguito allo smantellamento della casa in cui queste esercitavano il loro esercizio, alcuni clienti affezionati vollero pagare loro un tributo, ricordandole così. Convinsero perciò il proprietario dell’immobile ad apporre le singolari decorazioni, in una sorta di monumento commemorativo.

Dove Via Principe Tommaso 8, all’angolo con via Bernardino Galliari


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