Spazio Musa nasce su fondamenta piene di storia e racconti. Ad avere l’idea è Pierluca Lobina, ha acquistato lo spazio vedendone un grandissimo potenziale al di sotto di intonaci di poco gusto e pavimentazioni in finto legno. Così nel 2017 una squadra di architetti ha iniziato a scavare in lungo e in largo per trovare la struttura iniziale. Quello che ne è conseguito è stata una scoperta incredibile: oltre a trovare il progetto primario, sono stati scoperti tutti i cambiamenti subiti durante il tempo; la prova delle diverse trasformazioni la possiamo osservare in un corridoio al piano terra, dove è presente l’evoluzione architettonica dell’arco.
Quando ho visitato Spazio Musa erano esposte due mostre temporanee: al piano terra si poteva visitare Mirino fertile di Marta Scavone; mentre al piano interrato veniva presentata Antologia d’incanto di Barbara Nejrotti.
Ho viaggiato nella storia, sono stata in mille posti diversi e in epoche distanti, ma rimanendo sempre dentro Spazio Musa. Ogni stanza, ogni angolo ha un racconto diverso, dalla storia di Castore e Polluce, fino al diamante perduto del 1700. Proverò a raccontarvi lo spazio attraverso il passato, con qualche frammento di futuro, ricordando che stiamo parlando sempre dello stesso spazio.
Il bar di Spazio Musa: la storia del diamante ritrovato
C’era una volta una fanciulla con nome ignoto, che per comodità di narrazione chiameremo Nina, che viveva in un palazzo bellissimo nobiliare. Nel 1700 i palazzi di un certo livello erano collegati tra loro attraverso dei sotterranei che permettevano di spostarsi di nascosto. Un bel giorno Nina andò a una festa dell’amica dirimpettaia e, invece di passare dalla strada, decise di prendere il sottopassaggio. Mentre ballava e beveva il suo mojito, tra uno shot di vodka alla pera e uno di tequila e limone, si accorse dell’ora tarda, così si precipitò verso casa attraverso i tunnel. Lei non perse la scarpetta di cristallo, ma qualcos’altro di molto prezioso. Come da copione, la nostra amata amica cadde, per fortuna senza farsi male. Tutta sporca di fango e con tutto il trucco colato, si accorse che non aveva più il suo collier addosso, infatti con la caduta il gioiello volò via rompendosi in mille pezzi. Il panico prese il sopravvento, ma la nostra Nina si tirò su le maniche e iniziò a raccogliere tutti i diamanti caduti. Li trovò tutti, tranne uno.
Poco dopo passò da quelle parti un garzone, un poverello, il quale vide subito qualcosa di strano per terra: si accorse di una pietra che brillava dal suo interno, un diamante grande quanto il suo cuore. Il giovane ragazzo, che chiameremo Giovanni, si ricordò di averlo visto addosso alla nostra ragazza la sera prima alla festa. Giovanni era un ragazzo dall’animo puro, buono e generoso; quando trovò il diamante non penso di tenerselo, non pensò di donarlo all’orfano trofeo del paese, non pensò di aiutare i genitori con il mutuo della casa, ma pensò di farci un bellissimo anello e di regalarlo alla fanciulla proprietaria del gioiello. Nina era contenta e sollevata di aver trovato tutti i pezzi. Chiacchierando con Giovanni nacque della passione e i due iniziarono a frequentarsi, fino a che lui le chiese la mano con il famoso anello. Lei ovviamente disse di sì e vissero per sempre felici e contenti.
Ora, quando andrai da Spazio Musa, una volta dentro, guarda per terra e prova a cercare un diamante. Qualcosa mi dice che lo troverai!
Lo spazio espositivo: la stanza d’Italia
Una volta superato il bar mi sono ritrovata a camminare sulle travi originarie del tempo e osservare le pareti ritrovate. Lungo la passeggiata sono capitata in una stanza particolare, dove a cogliere subito la mia attenzione è stato il soffitto: un’interpretazione in chiave moderna del classico soffitto barocco. All’inizio hanno scoperto solo una piccola macchia, poi con il tempo hanno trovato un’altra chiazza, poi il tacco, poi la punta, fino ad arrivare alle Alpi. E così il soffitto viene dominato da questa imponente Italia, che per farla risaltare ancor di più, hanno deciso di colorare di un sobrio color oro. E mentre ti immergi nel soffitto vieni accompagnato dalle parole di Edoardo de Amicis, che scrive un inno all’Italia e al suo unico splendore.
“Cara Italia, amo i tuoi mari splendidi e le tue Alpi sublimi, amo i tuoi monumenti solenni e le tue memorie immortali. Amo la tua bellezza”.
Oltre a essere la stanza dell’Italia, potrebbe essere definita come la stanza delle dediche, in cui diversi personaggi hanno lasciato la loro firma. Sergio Staino ha disegnato una vignetta dedicata a Pierluca, mentre Vittorio Sgarbi è riuscito a polemizzare anche attraverso la dedica con Michele de Lucchi, il quale celebrava con alcune parole scritte sui muri suo fratello e pittore Ottorino de Lucchi. Forse il senso più ampio di questa stanza è il fatto che da essa emerga proprio tutta la nostra italianità.
La sala del divano: solo guardarla, già ti consola
In un’altra stanza di Spazio Musa continuavo a leggere questa frase incollata alla trave sul soffitto. “Solo guardarla già ti consola”. Non capivo, cosa devo guardare? Chi mi consola? Era diventato un indovinello, dovevo capire cosa cercavano di comunicarmi. Poi noto una finestra in alto, in una posizione non tanto consona; guardo meglio e vedo che l’infisso della finestra diventa una cornice e che l’opera all’interno è la statua di Maria e Gesù bambino del Santuario della Consolata, la quale finisce proprio al centro dell’inquadratura. Mi sento di nuovo precipitata in un altro momento, faccia a faccia con l’anima e lo spirito. Pensavo di andare a vedere una mostra e invece ho viaggiato. Io non so come descriverlo ma mi sentivo come Marty McFly ogni volta che saliva sulla Delorean e non vedevo l’ora di scoprire quale fosse stata la prossima tappa.
250 mq del piano inferiore di Spazio Musa: i gemelli Castore e Polluce
Rimaniamo sempre dentro a Spazio Musa, ma torniamo indietro nel tempo, molto indietro. Siamo tra il VI e V secolo a.C. e stiamo parlando di divinità, narrazione dove tutto è concesso.
Siamo in Grecia, precisamente a Sparta, dove incontriamo Leda, regina di Sparta. Ella decise che in una notte avrebbe avuto un incontro ravvicinato con due diversi uomini, ovvero Zeus per primo e Tindaro, suo marito, per secondo. Da questi due rapporti nacquero due gemelli: Castore, mortale perché figlio del re terrestre, e Polluce, immortale perché figlio del dio celeste.
I due ragazzi vissero in simbiosi tutta la vita e molti storici e scrittori dell’epoca narrarono le loro vicende. Tutti descrivevano i Dioscuri (traduzione dal greco con significato di figli di Zeus) come protettori degli uomini sulla terra e sul mare. L’impresa che li condannò fu quella insieme a Idas e Linceo, fratelli e principi di Messene.
Esistono diverse versioni e io non posso trasformare questo articolo in una lezione noiosa di storia, per cui racconterò la versione di Apollodoro. Egli racconta di quando i quattro ragazzi andarono nel regno di Attica per riprendere la sorella Elena rapita da Teseo. Una volta salvata la fanciulla, decisero di razziare il bestiame della città e di portarselo a casa. Possono essere anche degli dei, ma sempre maschi rimangono, per cui iniziarono a litigare sulla spartizione corretta del bottino. Non capaci di risolvere la questione con le parole, passarono alle mani. Senza tanti giri di parole, Idas e Linceo morirono, grazie anche all’aiuto dall’alto di Zeus, e purtroppo anche Castore morì. Polluce distrutto per la perdita, chiese aiuto al padre e implorò di essere riconciliato con il suo gemello; Zeus decise di posizionarli insieme in cielo, sotto forma di stelle. Nacque così la costellazione dei gemelli.
Visitando il piano di sotto noterete dei particolari che riportano a questa storia, insieme a delle bifore medievali, a delle travi originali incastonate nei muri e a una scala in vetro trasparente che si finge Caronte che trasporta i visitatori dall’ade all’olimpo.
Quando sono uscita dallo Spazio ero contenta di aver scoperto un posto pieni di racconti, ma allo stesso tempo ero spaventata perché non sapevo come descrivere le sensazioni provate; credo però di aver centrato il punto e di essere riuscita a comunicarvi quanto sia fondamentale scoprire posti come questo, anche solo per riuscire a guardare sempre più avanti, non dimenticandosi mai della storia passata.
All images © 2024 Stefano Pucci
Ti piacciono le foto e vorresti usarle per raccontare la tua attività? Clicca qui e scopri come!
Ti piacciono le foto e vorresti usarle per raccontare la tua attività? Clicca qui e scopri come!