Sutura è uno spazio no profit fondato da Virginia Moniaci. Ci siamo prese un caffè – io no perché ho la gastrite – e abbiamo parlato della sua idea: unire il mondo della medicina con quello dell’arte, creare un dialogo tra questi due mondi apparentemente distanti, includendo pazienti, dottori e artisti.
Sutura: Arte e medicina
Virginia ha studiato economia a Torino e si è specializzata nell’ambito dell’arte contemporanea all’estero. Nel 2015 rientra in Italia per gestire un posto distante dal suo percorso formativo, l’Istituto fisioterapico di Torino. Non per questo motivo ha accantonato la sua passione, ma ha avuto l’illuminazione giusta: creare uno spazio vicino all’istituto e dedicarlo all’arte contemporanea, unendo così definitivamente le due realtà della sua vita, arte e medicina.


Da una parte l’arte, la visione concreta di un pensiero astratto. Ci hanno inculcato l’idea che l’arte fosse una cosa al di fuori del pensiero comune, che fosse composta da sensazioni, sentimenti, pensieri, concetti, ispirazione e tutti elementi non tangibili. Dall’altra parte la medicina, fondamentale per la sopravvivenza, composta da fisica, matematica, numeri, serietà, spigolosa, severa e ovviamente non per tutti. Riflettiamoci. Siamo sicuri di tutto questo? L’arte ha bisogno di essere compresa e vuole rivendicare il suo posto nel nostro quotidiano.

Il collezionismo italiano
Virginia mi ha fatto notare come in Italia il collezionismo sia una passione di pochi. Questo viene associato solo a grandi dipinti famosi e persone che possono permettersi tali opere. Mi ha raccontato che all’estero tutti vogliono avere una propria collezione: foto, illustrazioni, quadri, libri e il collezionismo non viene visto in modo negativo. In Italia questa concezione è molto lontana dall’ideale comune; si ritorna così a quell’arte astratta, quella intoccabile, senza vederla come un’opportunità di conoscenza (e anche di investimento). La conseguenza di questo pensiero è quella di vedere sempre vuoti i posti dedicati all’arte e alla cultura in senso più ampio.
Da questo pensiero nasce un’altra idea: grazie al ritrovamento di foto d’archivio dell’Istituto fisioterapico, l’artista presente in mostra dà il suo contributo creando una copia della foto, senza vincoli di nessun genere. In questo modo le persone possono comprare un pezzo di arte contemporanea unico e allo stesso tempo SUTURA si crea il suo archivio privato, così da tenere il ricordo del passato.


Suturare una comunità
Sulle vetrine dello spazio è presente l’unica opera permanente, di Diego Scroppo: vengono ripetute più volte le suture che abbiamo nel cervello, quelle che collegano le varie parti di esso. L’opera, grazie all’ombra formata dal sole, diventa un filo rosso che riflette sulle pareti e collega le opere presenti all’interno tra loro.
Siamo in via Sacchi, attaccati alla stazione, dove le persone corrono sempre per scappare dalla città e altre tornano sempre più stanche. Un quartiere composto da negozi singoli che ogni anno cambiano gestione. Virginia sente questo pezzo di città frantumato, diviso e spezzato. Il compito che vuole seguire è quello di ricucire tutti i pezzi, creare una connessione tra tutti gli abitanti e far nascere una comunità unita e coesa. Ricucire i tagli del passato e far cicatrizzare le ferite che rimangono.



La mostra presente in questo momento, Derivazioni di Silvia Hell e curata dal team di qwatz, rimarrà fino al 16 febbraio. Fatevi spiegare le opere, chiedete a chi è presente una spiegazione, non fermatevi all’apparenza, perché l’arte contemporanea ha bisogno di essere capita e una volta che questo accade, si apre una visione completamente nuova.

All images © 2023 Stefano Pucci
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