Occhi nocciola e sorriso che ti riscalda, è proprio Alessandro che ci accoglie nel suo ristorante. Lui insieme a un aroma leggerissimo nell’aria: quello della scorza di limone e di bergamotto. Per uno strano caso del destino infatti sarà il maitre per un giorno per questo pranzo che abbiamo avuto il piacere di passare insieme a lui e alla sua brigata. Uno di quei pranzi incredibili dove ti siedi, perdi la cognizione del tempo e ti ritrovi a tornare a casa per ora di aperitivo senza aver bene capito che cosa sia successo nel frattempo. E questa volta non abbiamo nemmeno bevuto troppo! Sarà che essere in un castello toglie il senso del tempo. Ma venite con me e Mirko che vi raccontiamo questo pranzo.







La bellezza di un team che collabora
Una brigata molto giovane che arriva (quasi) tutta da Torino. Uno chef altrettanto giovane (dopotutto ha la mia età) che se serve va anche in sala. Un sommelier, Simone, che ama i piccoli vignaioli come noi e infatti ci sfordera l’Alta Langa di Marco Capra, quel Sei tremenda dedicato alla figlia e non di certo al vino, ma che sono sicura sia quasi un paterno complimento.
Uno chef torinese che arriva in Langa per ascoltarla e portare qualcosa di proprio.



I consigli di Alessandro su dove mangiare a Torino
Alessandro è innamorato di Torino. Lo si vede dagli occhi e lo si vede da come ne parla, anche se vive fuori dal oltre 12 anni. Ma quando ne parla si illumina. Ne è orgoglioso. Ed è orgoglioso soprattutto del panorama gastronomico che sta diventando ogni giorno più innovativo e contemporaneo. E se gli chiedi dove andare a mangiare non ha dubbi: allo Smoking Wine Bar, da Piero al ristorante cinese Zheng Yang di cui in tanti mi hanno parlato, ma anche alla Limonaia. E di quel meraviglioso posticino scovato da Vale che è la Fucina Ristorantino. Ed è assolutamente rapito dalla scena etnica torinese. Sarà da qui che arriva il suo incredibile Bao?
Ma cosa di mangia da Alessandro Mecca?
I piatti sono incredibili. Tutti. Ma ci sono due bocconi che hanno rapito il mio cuore e anche un pezzo del mio stomaco. Il primo morso di bao con scarola ripassata, fiori di senape e rapanello fermentato. Tutto il sapore del mediterraneo e della cucina del sud della scarola ripassata, ma avvolto da questo soffice cuscino di pasta che si scioglie in bocca e da quel ravanello fermentato che richiama la tua attenzione ogni volta che la lingua ci batte sopra. E poi quel bocconcino proprio a inizio pranzo: lampone, cioccolato bianco e parmigiano. Un meraviglioso triangolino di umami stemperato dalla dolcezza del cioccolato e rinvigorito dal lampone. Per me sorprendente.






Ma ho anche amato i tortelloni di pasta matta (fatta con aceto e farina di riso, dalla sfoglia trasparente e traslucida che sembrano i ravioli di cristallo di Tina) ripieni di erbette con lo zabaione di parmigiano. Questi incredibili per la pasta così diversa da quella a cui siamo abituati e dal ripieno di erbette in purezza. Sembrava, di nuovo, di mangiare la verdura in foglia ripassata del sud. Quella che ti riempie la pancia e placa il respiro. Quella che ti ricorda l’ombra degli ulivi e il vento che scorre sulla pelle.






Ed è a fine pranzo che ritorna il sentore di limone e bergamotto del momento in cui sono entrata in questa sala: il dolce è una tartelletta con spuma di limone, senape e timo. Incredibile. Pazzesca e leggera anche per me che non amo particolarmente i dolci a fine pasto. Ma ammetto che ho spazzolato anche la piccola pasticceria: bacio di dama, pinguì di panna cotta, gelée al fieno, madeleine ai lamponi. Una poesia!






All images © 2020 Mirko Mina
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