Il viaggio più bello è quello dove prendi e vai… e ti diverti. Ma poi ritorni. A Milano, possibilmente. O meglio, è sempre bello avere un biglietto di andata senza il pressing di quello di ritorno.. e restare là, ovunque si va. Ma avere un biglietto di ritorno, in molti casi – meglio se già stampato, imbustato nella cartellina trasparente e un transfer bello che organizzato – è una cosa molto milanese. Quasi da imbruttito. Si torna a casa baby, proprio come in una vecchia canzone di J-Ax – “Milano quando ci sono voglio scappare, Milano quando sono lontano voglio tornare”.
Stazione Garibaldi
Location 1: Stazione Garibaldi, Piazza Sigmund Freud
Location 2: Sottopassaggio binari 14-20
E’ proprio un’andata e ritorno anche quello che succede in Garibaldi. Alla stazione delle Nord. 58 treni per il l’Ovest e l’Est della Grande Milano. Dove la mattina e la sera i “daydreamers”, quelli che tutti i giorni montano in carrozza – e chissà dove vanno – possono prendersi il lusso di una gettata di colore. Il sottopassaggio che porta ai binari 14-20 lascia senza fiato: si chiama “Esco ad Isola”, è un progetto del 2013. Perché “viaggiare unisce i popoli, le culture e i luoghi”. 21 opere in tutto, tra il muro a fianco del binario 20 e il muro dell’uscita ad Isola. Il ciccio-panza addivanato in tv, ad esser sincero, è il mio preferito (lo ammetto). E per chi viaggia da Nord-Ovest o chi da quel tratto ci passa anche solo per uscire su Gae Aulenti, quel getto di colore è arte allo stato puro. Destinazione? Arcobaleno.
Basta spostarsi un po’ più in là poi, nel tratto di Melchiorre Gioia che spinge la metropoli verso Est, a Sesto San Giovanni, e il viaggio prende tutta un’altra strada. Il colore è rosso, quello denso e vermiglio. “This is so illegal” c’è scritto qua e là. E’ il colore del Leoncavallo, l’officina di cultura e “rivoluzione”, per molti una bella iniezione di colore in città, per noi un pezzo mondo che è un cartone animato a cielo aperto. Nolo, d’altro canto, è il quartiere industrial per definizione. Ma qui la streets art – e il Leonca – hanno fatto qualcosa di magico.
Puoi andare in Montana se vuoi. Li ti ripareranno la vecchia Cadillac retrò, quella rossa un po’ scassona che ti aveva regalato il nonno cubano (per chi ce l’ha, un nonno cubano). Il vecchio arnese che usi 5-6 volte all’anno ma che ha sempre una perdita d’olio dall’albero motore. Al Leonca, dal carrozziere e verniciatore a forno, qualcuno che ci mette la mani lo troverai sempre. Destinazione? Un volo da Milano e sei a Varadero.
“Ehi fermi tutti, mani in alto”…al 78 di Corso di Porta Ticinese, nella Milano dei bastioni, sta succedendo qualcosa. Normalmente è un posto tranquillo, o almeno così ce lo ricordavamo dai tempi dell’università. Si bivaccava la sera davanti al bar Rattazzo o un “tre contro tre” a calcetto nel parco di Vetra. Ma alla gangster al femminile anche noi, dobbiamo ammetterlo, non possiamo resistere. C’è qualcuno però che qui deve fare i conti con noi: alle pallottole sgangherate rispondiamo con i tweet. Destinazione: Bonnie Parker, New York, 1934. Giusto un diretto da Varadero e ci siamo.
“Music is a never ending journey”. Sentiamo forte il richiamo della musica in città e quando il cuore del jazz incomincia a pulsare, dalle strade della Ticinese ci spostiamo in via Conchetta, tra l’Auditorium Verdi e il centro Cox18. Un po’ come andare da Broadway al Birdland Club, sulla 44sima di New York. Qui di musica ce n’è talmente tanta, di giorno-di notte, dj set o archi e fiati, che quasi ci dimentichiamo della strizza che ci siamo presi con Bonnie. Ma aspetta, se strizzi un po’ l’occhio (e l’orecchio), tra la chitarra del metal, la tastiera dell’elettronica strumentale e il trombone del jazz c’è un cuore di musica e colore che dà il ritmo a Milano: è rosso, giallo e blu. Con una vena di viola che dal basso porta all’aorta – e nutre le serate dei milanesi. Destinazione? Mondo. O meglio, Milano, che per nunc l’è semper istess. Il nostro viaggio di ritorno a Milano si ferma cosi, in via Conchetta, sulle note di Iannacci: “con la bella sottobraccio a parlare d’amore – e scoprire che va sempre a finire che piove – e vedere di nascosto l’effetto che fa”.