Le strade di Roma, si sa, permettono a vite ed epoche differenti di incrociarsi tra di loro. Fin da bambina, quando il sabato uscivo con mia nonna per lunghe passeggiate sotto il tiepido sole primaverile, ho avuto la possibilità di camminare per le vie di un quartiere in cui passato e presente sanno davvero fondersi e convivere: il Quadraro.
Qui vivevano i miei bisnonni e qui ogni mattina, negli anni ’70, nonna Carolina si affacciava dal suo balcone, pronta ad attendere il passaggio di una bimba bionda intenta a recarsi a scuola, ovvero la mia mamma.
Il Quadraro è questo: un quartiere popolare, sentimentale, “di pancia”, orgoglioso della propria identità e in grado di integrare nel suo tessuto sociale la diversità. E se gli incroci tra strade reali e metaforiche tornano e ritornano nel corso della nostra esistenza, eccomi qui a parlarvi di una zona di Roma che ha sempre fatto parte della mia vita, anche quando ancora non potevo immaginarlo…
Quartiere Quadraro
Stazione Metro A Porta Furba | Roma

La storia del Quadraro, il “Nido di Vespe”
Il Quadraro è collocato nel quadrante sud-est della capitale e si dispone intorno alla via Casilina, estendendosi fino alla via Tuscolana. La zona è da sempre considerata strategica in quanto era da lì che la città si sviluppava verso i Castelli Romani.
Un punto d’incontro tra il “vecchio” e il “nuovo”, dove è possibile muoversi tra strade che ci fanno sentire come all’interno di un paesino, caratterizzate da piccoli edifici a due piani risalenti agli anni ’30, tipici delle borgate. Allo stesso tempo, però, non è difficile imbattersi in alti palazzi da scrutare col naso all’insù, simbolo di una importante crescita urbanistica.
Il tutto a due passi dagli splendidi acquedotti romani Claudio e Felice, l’ultimo all’interno di una delle zone verdi più rilassanti di Roma: il Parco degli Acquedotti.
Il nostro percorso ci porta, però, a fare prima un balzo indietro. Il passato di questo quartiere è fondamentale per capirne l’essenza, tanto che è impossibile non parlare della dolorosa parentesi legata al 17 aprile 1944. Quel giorno, infatti, il colonnello Kappler ordinò un vasto rastrellamento, il secondo più grande di Roma dopo quello del ghetto ebraico: numerosi uomini vennero strappati con violenza dalle loro famiglie e dalle loro vite per essere poi deportati come lavoratori-schiavi.
Un tragico episodio che ha reso celebre il Quadraro, il “Nido di Vespe” come venne definito in senso dispregiativo dallo stesso Kappler. Un quartiere denso di popolazione, ribelle e combattente, che offriva protezione non solo ai partigiani ma anche ai rifugiati politici, simbolo della Resistenza e medaglia d’oro al Valore Civile. Sapevate che per questo il quartiere ispirò una famosa frase? Si diceva che per sfuggire dai tedeschi “o vai al Vaticano o vai al Quadraro”.
L’arte che ha “fecondato” il Quadraro
L’arte è stata lo strumento che ha permesso a questa zona di ripensarsi come un museo a cielo aperto, al fine di testimoniare non solo lo sguardo verso il futuro, ma anche l’importanza di un passato doloroso e di speranza. E anche questa volta, il richiamo della Street Art è stato importante.
Partendo dalla fermata metro Porta Furba e con una vera mappa alla mano, ho iniziato la mia ricerca dell’arte sui muri. Sì, perché nel 2010 il Quadraro è diventato protagonista di un rivoluzionario progetto di riqualificazione urbana.
Per iniziativa dello street artist David Vecchiato, in arte Diavù, è nato infatti M.U.Ro – “Museo di Urban Art di Roma”: numerosi artisti, provenienti non solo dal nostro paese ma anche dall’estero, hanno arricchito diversi angoli della zona vecchia con le loro originalissime opere, moderne ma allo stesso tempo colme di riferimenti storici. Ben 22 murales da “leggere” per comprendere al meglio ciò che è stato e ciò che il Quadraro è diventato nel corso degli anni.
Muovendoci per via dei Lentuli, piccola strada di svincolo alla Tuscolana, incontriamo la prima delle numerose opere del progetto. Si tratta di “L’arte feconda il Quadraro”, proprio di Diavù, in cui si fa spazio il concetto secondo cui l’arte possa essere in grado di donare una nuova vita al quartiere, appunto “fecondandolo”.
Continuando a camminare, arriviamo in Via Monte del Grano. Ed è qui che torna il “Nido di Vespe” di cui vi ho parlato poco sopra: l’artista Lucamaleonte ha celebrato la storia del Quadraro con una vastissima opera risalente al 2014, anno in cui si ricordavano i 70 anni dalla tragica giornata del rastrellamento. Sette vespe giganti all’interno di un alveare ricoprono l’intera facciata, su cui è possibile leggere la scritta “You are now entering free Quadraro”. Un appellativo che, nonostante la sua iniziale accezione negativa, costituisce ancora oggi motivo d’orgoglio per gli abitanti del quartiere. Un vero muro di arte che si lascia osservare in silenzio e con attenzione.

La storia di queste strade è così radicata che continua ad emergere attraverso altre opere, come ad esempio quella di Beau Stanton. La prima parola che viene in mente osservando il disegno è “delicatezza”, la stessa con cui l’artista ha rappresentato le radici di un albero che, con tutta la loro forza, nascono e fuoriescono da un teschio. Si tratta ancora una volta di una metafora relativa al quartiere, che fu capace di reagire alle crudeli ingiustizie del regime nazifascista.


Ma i muri del Quadraro non parlano solo di storia. In “Esodati”, opera di Maupal, emergono con malinconia il realismo e l’attualità. Una Roma rassegnata, rappresentata dalla Lupa Capitolina, si morde la coda mentre osserva i suoi figli allontanarsi da lei, pronti a ricominciare la propria vita altrove. Appare così importante l’interesse nei confronti dei giovani, continuamente in cerca della giusta dimensione, che troppo spesso sono costretti ad abbandonare la propria città natale per “farsi adottare” da altri Paesi.

Tridimensionalità e interazione sono invece i tratti distintivi del murales dipinto all’ingresso del tunnel di congiunzione tra la parte vecchia e quella più nuova del quartiere: qui l’artista Mr. Thoms ha realizzando la bocca gigante di “The Greedy Man“, personaggio in grado di risucchiare chiunque gli capiti davanti per catapultarlo dall’altro lato del tunnel.
Le rane dipinte da Veks Van Hillik
Meritano una menzione speciale altre due opere che hanno catturato la mia attenzione, poste quasi una di fronte all’altra. La prima è quella di Veks Van Hillik, in cui vediamo due enormi rane ricoprire interamente la facciata di una palazzina. Il loro ventre è aperto da una sorta di varco, che lascia sfuggire le uova, simbolo di fecondità. Gli elementi sembrano quasi fluttuare e entrambi i soggetti rivolgono il loro sguardo verso una pergamena, su cui sono riportate sequenze di codice binario.
Il secondo murale, realizzato dall’artista brasiliano L7M, ha come protagonisti due particolari colibrì, sulle cui teste sono poste delle aureole, in onore di Roma considerata Città Santa. Il tenue rosa della facciata, in contrasto con le figure, è ciò che contribuisce a creare la perfetta armonia in un’opera che fa da cornice all’ingresso di una casa: impossibile non fotografarla!


La mia opera preferita
Ogni volta che mi diverto a visitare un quartiere di Roma i cui muri esplodono di colori, mi piace sempre scegliere la mia opera preferita. Questa volta sono andata scovarla in una piccola stradina, curiosissima di osservarla dal vivo dopo che alcune foto sul web avevano catturato la mia attenzione.
Si tratta della “Geisha del Quadraro”, di Fin DAC, in via degli Ortensi. Una bellissima ragazza dallo sguardo malinconico, con gli occhi contornati da una accesa macchia di colore, davanti ad un grande tondo rosso. Il suo corpo è avvolto in una veste talmente dettagliata da sembrare reale, e sulla sua spalla sono ben visibili dei bellissimi fiori. A primo impatto, l’istinto mi ha suggerito di avvicinarmi a lei per sfiorare quei petali rossi, come a volermi accertare che fossero davvero dipinti e non sbocciati in quel momento davanti ai miei occhi.
Un’opera che, secondo il mio personalissimo punto di vista, può far pensare alla diversità ma al tempo stesso all’integrazione, in un quartiere che in passato ha accolto chi veniva rifiutato dalla società e che oggi si batte, attraverso varie iniziative, a favore dell’interculturalità.

Se passeggiare al Quadraro fa venire fame…
Se durante il variopinto percorso che porta a scoprire gli angoli più nascosti del quartiere avete voglia di fermarvi ad assaporare anche il lato culinario della zona, vi consiglio un posticino davvero niente male: si tratta del bistrot Grandma, in via dei Corneli (Quadraro Vecchio), dove potrete gustare favolosi piatti di cucina tradizionale e creativa. La nascita del locale è legata ai vari progetti di riqualificazione, nello specifico al riutilizzo di una vecchia serigrafia ormai in disuso. Una tappa d’obbligo, divertente ed ospitale!
Ravioli al brasato!
La mia passeggiata, prima di concludersi, è stata arricchita da un ultimo scorcio di vita da quartiere: camminando per via Cerere, tra biciclette e comitive di giovani adolescenti, mi sono lasciata avvolgere da una tenera voce femminile che intonava una canzone, forse proprio vicino ad una finestra. Ho scrutato quasi con timidezza alcuni cortili e giardini, illuminati dalla luce perfetta della golden hour, e ho accolto sorridendo un gatto in cerca di coccole che mi ha “scortata” fino alla macchina. Un bellissimo regalo di arrivederci che solo alcuni posti di Roma, come questo, sanno donare.
Ancora voglia di Street art e periferia poetica? Ecco quella del Trullo!
All images © 2021 Marco Ferrarelli e Giulia Gillo