Quante volte avete sentito dire che Roma è un museo a cielo aperto? Io tantissime e posso assicurarvi che, proprio come una vera galleria d’arte, nella nostra splendida città esistono angoli che testimoniano le espressioni più moderne di comunicazione.
Una di queste è il progetto che ha preso vita a Tor Marancia, quartiere popolare a due passi dalla Garbatella: nel Lotto 1, nel 2015 è nato Big City Life, che ha coinvolto ben 22 artisti provenienti da 10 diversi paesi. Con un obiettivo comune: dipingere le facciate di 11 palazzine proprio come fossero delle maxi tele. Una riqualificazione unica nel suo genere, che ha trasformato l’area urbana in un variopinto distretto artistico, in cui poter godere pubblicamente delle creazioni.
Andiamo, vi porto tra le strade colorate e suggestive di questo esempio importante di street art collettiva!
Big City Life
Viale Tor Marancia, 63 | 00147 Roma
Big City Life, un sogno ad occhi aperti
Quando si entra nei cortili del Lotto sembra di essere catapultati in un sogno, uno di quelli di cui, una volta sveglio, cerchi di comprendere il significato: palazzi dai colori sgargianti, animati da soggetti dipinti che sembrano muoversi davanti ai nostri occhi, il tutto accompagnato da un sapore popolare che solo determinati quartieri periferici riescono a farci respirare. E apprezzare.
Una popolarità che va difesa e che gli artisti del progetto Big City Life hanno saputo cogliere e trasmettere attraverso ogni opera. Prima fra tutte, “Human Constellation o Elisabetta” di Philippe Baudeloque: la facciata del palazzo è totalmente ricoperta da una mano, la mano di Elisabetta, che abita proprio lì, ed è composta da una serie di stelle e costellazioni indefinite. Se l’arte è suggestione personale, io l’ho interpretato come un saluto accogliente, immenso quanto sconosciuto.
Muovendoci tra le vie del cortile, arriviamo davanti a “Spettacolo, Rinnovamento, Maturità” di Gaia, un’opera perfetta da immortalare, totalmente metafisica – alla De Chirico – come si percepisce dai soggetti, dai colori saturi e avvolgenti e da quel non so che di surreale. Che la rende estremamente affascinante.
Guardando “Distanza Uomo Natura” di Jerico, invece, ho sentito come il bisogno di chiudere gli occhi e respirare: sembra quasi di essere sospesi nel cielo e le mani umane, che tentano di afferrare la natura, sono rappresentate con estrema delicatezza, nell’evidente richiamo alla “Creazione” di Michelangelo.
Colori, forme, immaginazione: queste sono le tre parole che userei per descrivere l’opera senza titolo di Clemens Behr, un’irregolarità di toni e sfumature che viene poi riordinata nella cascata di quadrati presente in “A Carlo Alberto, 93 Toni” di Alberonero. Non so voi, ma io ho sempre avuto una piccola ossessione per i colori posti in gradazione e vedermeli tutti lì, sulla facciata di un palazzo, mi ha fatto sentire come immersa in una enorme tavolozza. È stato come tornare bambini e rivivere il momento in cui ci si trovava davanti ad un foglio bianco e si iniziavano a tirar fuori i pastelli dall’astuccio!
Occhi aperti sul mondo e mare mosso dal vento
Tra gli elementi che più mi hanno colpito nelle raffigurazioni di Big City Life ci sono poi gli occhi, che compaiono intensi in diverse opere. Li vediamo scavati in rilievo in “La Percezione” di Vihls; malinconici nel volto protagonista di “Io sarò”, di Guido Van Helten; enigmatici e astratti in “Assolo” di Danilo Bucchi; geometrici e colorati in “Still Life” di Reka; sacri e pieni d’amore, come quelli della Madonna e del Bambino raffigurati in “Nostra Signora di Shanghai” di Mr.Klevra; e poi chiusi e sognanti in “Hic sunt Adamantes” di Diamond.
Esplorando le facciate più visionarie del Lotto, emerge prepotente quella su cui Pantonio, artista portoghese, ha realizzato “Il Ponentino”: enormi pesci si muovono sinuosi in un fondale, che è quello del mare quando soffia il famoso vento di Roma. Inutile dirvi che questa visione imponente, ma allo stesso tempo armoniosa, mi ha fatto pensare subito ad una rilettura di Moby Dick… osservare per credere!
La mia opera preferita
Infine arriviamo a lei. È stato molto difficile sceglierne una, ma quella che considero la mia opera preferita è “Il Bambino Redentore” di Julian Seth Malland: colori a matita che hanno permesso ad un bambino, raffigurato curioso di spalle, di disegnare una scala che lo trasportasse in alto, per vedere cosa c’è “fuori”. Solo dopo ho scoperto che il soggetto era il piccolo Luca, un bimbo che abitava proprio nella palazzina, morto prematuramente. La tristezza prima, la speranza poi. Un modo di far continuare a vivere un mondo colorato, spezzato troppo presto dal grigio della realtà.
Arte, poesia, quotidianità
Trascorrere una qualsiasi domenica mattina vagando tra le opere di Big City Life e osservando la vita di chi abita in quelle stesse palazzine, è un’esperienza davvero profonda che vi consiglio vivamente.
Vedrete i giochi dei bambini lasciati su una panchina e i panni stesi e profumati, sentirete le chiacchiere (con cadenza romana!) da una finestra all’altra e il profumo di sugo o di fritto che viene dalla cucina di una nonna, mentre il sole crea effetti d’ombre e luci, passando attraverso i rami di altissimi pini.
È come entrare in punta di piedi nella vita di persone sconosciute, ma talmente comuni che sembra quasi di conoscerle da sempre. Arte, poesia, quotidianità: tutto si fonde. A – e con – meraviglia.
Essendo lì, volete non fare poi un salto anche a Garbatella? Chiara vi ci porta in questo articolo!
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