Nel contesto del grazioso e inaspettato borghetto artigiano di Portuense 201 – al 201 di via Portuense, appunto -, si incastona Copihue, un laboratorio creativo in cui si pensa e parla floreale.
Copihue Floral Studio
Via Portuense 201 | Roma
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La dimensione urbana e frastornante di via Portuense e del vicino Viale Marconi sembra deformarsi e ovattarsi all’interno del villaggio creativo di Portuense 201, dove arti e mestieri diversi si affacciano sullo stesso vialetto e salutano dai bungalow bianchi. E’ facile sentirsi un po’ al mare.
Regine di fiori
Parentesi evocativa a parte, torno a parlarvi di Copihue. Dietro questo nome esotico, di cui scopro solo ora il significato – trattasi del fiore nazionale del Cile, la Lapageria Rosea -, ci sono tre donne e molti più scenari che si incontrano e intrecciano intorno ad un grosso tavolo da lavoro.
Gabriela Grandi (founder e CEO), Maria Wosik (wedding manager) e Carolina Galeazzi (Copihue School manager) sono le tre dee ex machina che, attraverso Copihue, si fanno portavoci della medesima visione estetica pur approdando al flower design da scenari diversi: psicologia, fashion design e critica cinematografica.
Ci vuole un fiore
Flower design è una declinazione della parola design che oggi ci suona sempre più familiare, merito della gran minestra visual da cui siamo inconsciamente stimolati ogni giorno. Eppure il mondo del “floralism” spesso si confonde con la tradizionale composizione floreale, quella dei bouquet statuari per intenderci. Il design floreale è piuttosto un diverso modo di manipolare, attraverso i principi del design, la materia – il fiore – sulle due dimensioni che permettono al creatore e al fruitore dell’opera di “guardarci dentro”, spazio e tempo.

La prima regola del flower design? “Il fiore non è fine di ciò che sai ma inizio di ciò che non ti aspetti”. Il fiore -ci ricordano le ragazze di Copihue, è il primo input creativo, l’innesco del processo di ideazione visuale, ma non la sua conclusione. Attraverso l’esercizio di manipolazione e progettazione floreale si compone, piuttosto, una storia che trova forza nel suo vivere pienamente nello spazio -attraverso pieni e vuoti-, e nel tempo, perché destinata a mutare e -non temiamolo- a morire.
Rosa rosae rosae
Il microcosmo creativo che si organizza intorno al tavolo di Copihue non perde occasione di aprirsi alla contaminazione con altre arti, declinando le potenzialità del fiore in contesti che si scontrano con l’urbano e s’incontrano col sociale.
Guerrilla Flowering, ad esempio, è un progetto “sovversivo” che nasce come azione collettiva di decoro urbano, finalizzata a dare valore agli spazi del bene comune e liberare dall’ideale standard di bellezza, rendendola soggettiva partecipata e fruibile, insomma, a dimensione di quartiere.
Tra gli “intrecci” con i grandi nomi del panorama artistico romano, spicca, invece, la collaborazione con Contemporary Cluster che ha prodotto un’installazione aerea permanente, site specific, KA-BOOOM. KA-BOOOM, come suggerisce l’onomatopea, vuole essere rappresentazione materica dell’esplosione di idee, libere e senza giudizio, e richiama a gran voce le opere della Pop Art, omaggiando soprattutto l’artista Roy Lichtenstein.
Progetti in and out of the box
Tra i numerosi progetti e pacchetti realizzati da Copihue ce n’è uno intimo e individuale, tascabile: Tiny Garden, un micro giardino componibile, elegante ed essenziale, che mette a disposizione in una scatola dodici fiori essiccati e una base di legno massiccio su cui comporre un giardino “da tavolo”.
Ma le ragazze pensano in grande e out of the box e portano in città la prima edizione di Floralism, il festival di Floral Design ideato in co-produzione con @italianfelicity e in partnership con @label201. Floralism è una profumata occasione di dialogo e contaminazione tra le arti, volta a dare valore alla materia floreale nel suo essere altro da ornamento. Vuole proporsi come cornice della ricerca e sperimentazione sui temi della rigenerazione, della rinascita e della tradizione, ma anche come momento di creazione collettiva e ascolto.
Di restare a guardare a noi de Le strade non va proprio, ormai lo avete capito. Con una biciclettata vigorosa ci siamo quindi infilati nel laboratorio di Copihue e – forbici e fil di ferro alla mano – , abbiamo provato a tirar fuori una scultura vegetale e, soprattutto, ad ascoltarci.
All images © 2020 Edoardo Maccari e Gaia Babbicola