Ci siamo: è arrivato quel momento dell’anno in cui è davvero necessario leggere un libro a piedi nudi sul prato, guardando il tramonto dal ponte e sognando i Gatsby e i Limonov che duellano all’aria aperta. Ora vi spiego come si fa.
Mettetevi in piedi davanti a uno scaffale di libri. Prendete fra le mani il libro giusto. Lo riconoscete perché lo avete comprato per i colori della copertina, perché ve l’ha consigliato il libraio del cuore, perché il titolo vi faceva pensare a un grande amore passato o a una finale gloriosa di tennis. In alcuni casi, a entrambi. E’ quello piccolo, grande, sottile, rovinato, nuovissimo, che non vedete l’ora di leggere o che non ricordavate di avere. Fatto? Ora mettete il vostro libro nello zaino, nella borsetta o tenetelo sotto braccio come una baguette: con stile. Uscite di casa e iniziate a camminare per Torino in cerca del vostro angolo senza pareti, dove fermarvi a leggere in santa pace, baciati dal sole – quando decide di farsi vivo – e protetti dalla galanteria del Po. Non sapete dove andare? Sono qui per questo.
Mi presento: sono Laura e le intuizioni in fatto di geografia delle cose belle sono la mia specialità. Per anni ho viaggiato da sola, e così ho imparato a leggere, più che le mappe, le città. Torino non fa eccezione. Le panchine del centro, il lungofiume selvaggio e festaiolo, la cima di Superga, la bocciofila e l’imbarchino, i parchi, le piazze, i dehor: una mappa senza sosta di angoli per lettori da passeggio. Ecco allora la mia top 5 degli invidiabili posti dove una freelance, un liceale, un pirata del fiume, una signora in fuga o un accanito lettore possono trascorrere il loro tempo solamente con un libro e il cielo di questa città.
Dopo l’alba, ai Murazzi
La mia vita torinese ha avuto inizio davanti all’unica porta aperta di una lunga serie di porte chiuse. Erano quelle dei Murazzi, il posto dove si sono spezzati il più alto numero di cuori di tutta la città. I torinesi sono particolarmente affezionati a questo scantinato underground a cielo aperto, anche se oggi la musica è stata spenta e restano solo nostalgia e postumi di birra. Il consiglio: andateci la mattina presto, seduti una banchina del fiume, mentre Torino al piano di sopra sbuffa e si muove, e qualche strano soggetto si rintana al Dottor Sax. Non vi resterà che aprire il vostro libro, mordere a tradimento una brioche e aspettare che il sole vi venga a prendere da dietro la collina di Superga.
Le avventure al circolo sul fiume
Ai torinesi manca di continuo il mare, perciò finiscono sempre vicino al fiume. Ecco da cosa nasce l’invenzione dei circoli: bizzarri piccoli porti sul Po, romantici e decadenti. Il mio preferito quassù è gli Amici del Fiume: rumoroso, vissuto, sfuggente. Fra la banchina delle canoe, la rimessa carica di remi e barchette, il terrazzo illuminato e il campo da tennis terroso, leggere, qui, vi sembrerà quasi il minimo. Sarete già in un romanzo d’avventura senza neanche averlo aperto.
Un po’ di Parigi in piazza Quattro Marzo
Le prime volte che visitavo Torino, mi rassicurava trovare qualcosa di Parigi in città. Questa piccola piazza di palazzi eleganti, tutta tavolini e madamin, tutta tomini e barbera, funzionava benissimo in tal senso. Così vicina al ventre di Porta Palazzo, eppure così snob. Roba da storie di spie russe e fughe con l’amante. Se passate di qui di notte o la mattina presto, con in mano il vostro libro, il signore ben vestito, sempre al centro della piazza, vi terrà compagnia.
On the road su Via Catania
Regio Parco quanto ti amo! Con i tuoi negozi di tè e i tuoi bar anni 70, con le officine per le bici e i palazzi bassi di mattoncini rossi. In un posto della città dove le fabbriche vendono cioccolato e il Vermut scorre a fiumi, emersa dal triangolo gastronomico del mio cuore (Bikery – Laleo – Torre e le sue sante granite) adoro leggere vecchi libri sulle panchine di Via Catania. E’ davvero il nuovo lusso, ci avete provato? Per l’esperienza consiglio romanzi ambientati negli anni 70, storie on the road o di frontiera. Il sottofondo rumoroso della Dora vi metterà allegria.
Parco Michelotti: into the wild al tramonto
A Parco Michelotti una volta c’erano una biblioteca e una giraffa. Una giraffa vera, dico. Il prato a fianco del vecchio zoo, che si allunga ben oltre il ponte, è uno dei posti più chiacchierati della città e io lo amo per questo. Lo chiamo il mio giardino – è un po’ da spaccona, lo ammetto, ma abito a due passi – e me lo godo ogni volta che posso. Fermarsi a leggere qui è una specie di conquista: bisogna sopravvivere ai ciclisti, al fango sotto ai piedi, alle zanzare. Però quando qui arriva il tramonto, questo angolo selvatico, che diventa man mano una spiaggia, uno skate park, una foresta, un incontro di fiumi, è una botta al cuore. Torino sta lì eppure ti sembra di vederla da lontano, come New York da Newark. Che poi Torino no, non è Manhattan, ma quanto a storie non ha nulla da invidiarle.
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