Se c’è una cosa che amo, è andare al mercato. Non intendo i mercatini dell’usato, ma proprio il mercato di quartiere, con i banchi di frutta e verdura, i fiorai e le mille signore con i rispettivi carrellini in cui rischi di inciampare a ogni passo. Mi fa sentire parte viva della città.
Una delle cose che amo di più è quando dopo aver girato per parecchio tempo tra una bancarella e l’altra, poco prima dell’ora di pranzo un languorino ti coglie, ed entri nella panetteria adiacente al mercato per acquistare un pezzo di focaccia che ti permetta di sopravvivere fino a pranzo.
Questa è una delle poche occasioni che ho nella vita quotidiana di fare la spesa alla vecchia maniera, nelle piccole botteghe e attività del quartiere. E puntualmente ogni volta mi riprometto di portare avanti questa buona abitudine e trattarmi un pochiiiino meglio, anche se nella vita di tutti i giorni è dura trovare il tempo.
3 motivi per andare da Panificio Papale:
- Per mangiare i loro grissini dolci pazzeschi!
- Per una fetta di focaccia da passeggio
- Per il loro pane di montagna fatto con lievito madre e farine poco raffinate

Un buon motivo per tornare a comprare il pane in panetteria.
Entrando da Panificio Papale l’ho subito sentita quella sensazione, quel “voglio venire a comprare il pane qui e fermarmi a fare colazione ogni settimana”.
Panificio Papale è una piccola realtà nel cuore di San Salvario, affacciato sul mercato di piazza Madama Cristina. Appartiene alla famiglia Papale all’incirca dagli anni ’70 quando i genitori di Gisella e Roberto lo rilevarono.
Panettieri di una volta che si svegliavano di notte per infornare all’alba, portato avanti con dedizione fino al 2021, anno in cui c’è stato il passaggio di testimone.
Da quel momento in avanti, Gisella e suo fratello Roberto hanno preso in mano l’attività di famiglia con l’idea di onorare tutti i ricordi che avevano creato in quel luogo. Così hanno iniziato i lavori di ristrutturazione cercando di tenere fede a ciò che era stato fino ad allora. Il risultato? Un gioiellino dallo stile vintage con dettagli art déco.



Vista la mia tradizione mercatale, non potevo non mettere alla prova la focaccia del panificio.
La focaccia, rigorosamente bianca, per me deve avere delle caratteristiche specifiche di morbidezza e di untuosità. Se non ti lascia la bocca piacevolmente oleosa, non è una buona focaccia.
Mentre osservavo compiaciuta la fetta che Gisella mi stava tagliando, adocchio delle pizzette rosse che attirano insolitamente la mia attenzione (le pizzette rosse non mi hanno proprio mai convinta, ma queste sembravano diverse) e decido di assaggiare anche una di quelle.
Al primo morso mi rendo conto di aver fatto la scelta giusta. La focaccia bianca era una nuvola lievitata, morbidissima e unta al punto giusto, ma devo ammettere che la pizzetta e soprattutto il sugo mi hanno seriamente conquistata. Croccante e morbida, anche qui la giusta quantità di olio e il sugo ben bilanciato e per niente acido, che sogno.


Un dettaglio che mi ha incuriosita mentre aspettavo è che c’erano molte più opzioni di pizze e focacce vegetariane che classiche con salumi e formaggi. Gisella mi anticipa e mi dice che mangiando lei per prima quasi completamente vegetale, cerca sempre di offrire sempre più opzioni con verdure, spesso anche poco considerate come la scarola o il radicchio, e che preferisce limitare quasi del tutto l’utilizzo di prodotti animali dove non necessari.
Quindi niente strutto nei grissini, e le mie arterie ringraziano.
A proposito di grissini, quando provo un posto mi piace sempre chiedere quale sia il prodotto più popolare e mi viene detto che uno di questi sono proprio i loro grissini, sia dolci che salati.



Io credo che sia una gran fortuna vivere in Piemonte e avere sempre a disposizione dei grissini buonissimi, ma non mi era mai capitato di assaggiare dei grissini dolci. In particolare questi erano con gocce di cioccolato e zucchero all’esterno, mentre l’impasto era quello classico dei grissini ma leggermente più dolce. Ora potrete pensare che possano essere troppo dolci, ma vi assicuro che erano perfettamente equilibrati e per nulla stucchevoli. Anzi, il problema sorto è quello opposto: una volta che ne assaggi uno è veramente difficile fermarsi!
Passando al pane, come potrete immaginare la scelta è vasta. A fare la differenza, però, sono i dettagli. Qui il pane si fa ancora senza scorciatoie, impastando di notte e infornando all’alba, ma soprattutto con una lunga lievitazione.
Molti dei loro pani sono fatti con lievito madre e con farine multicereali o integrali e la maestria si percepisce dalla morbidezza. Pensate che il loro lievito madre viene tramandato da 50 anni!
Scelgono anche di continuare a produrre formati che stanno andando un po’ perduti come le biove (un pane bianco di grano tenero della tradizione contadina Piemontese), e lo sforzo è ben apprezzato dalla clientela.
A sorprendermi infatti è anche l’alternarsi di clienti giovani e anziani che entrano, come a dire “i giovani entrano perché è cool, gli anziani perché è buono”.

Cosa ci fa il caffè in una panetteria?
La ciliegina sulla torta è la scelta inusuale di inserire una parte di caffetteria. Ma non è una scelta fatta a caso, perché, oramai avrete capito, a loro le cose piace farle bene. E infatti hanno scelto di offrire solo caffè specialty, sia espresso che filtro, con l’intenzione di cambiare offerta periodicamente. Ovviamente a completare il reparto caffetteria c’è anche un’offerta di brioche e lievitati, tortine, perfetti per fare colazione. Qui abbiamo assaggiato una tortina di mele e un panino dolce con gocce di cioccolato e arancia profumatissimo che hanno contribuito al mio giudizio finale: Panificio Papale ha scelto di offrire cose autentiche e fatte bene, proponendo opzioni non scontate e semplicemente buone, mettendo un po’ di loro in ogni prodotto.



Alla fine della mattinata ho provato invidia verso coloro che abitano in San Salvario, perché possono comprare il loro pane quotidiano da Panificio Papale. Ma anche se non siete locals del quartiere, come me, quando vi capiterà di passarci, non fatevi per niente al mondo scappare l’occasione di farci un salto.

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