People of Turin | Finché ci sarà musica, Torino farà violini con l’anima

Chiara & Luca Pubblicato il 22 Febbraio 2020

Suonano i violini sul ponte del Titanic che affonda, riecheggiano nei corridoi di Shining e accompagnano il monologo iniziale di Arancia Meccanica. Da sempre l’arte subisce il fascino delle sue linee sinuose: tra le braccia di angeli e in mano a diavoli nelle pitture sacre; ai piedi di Eros in Caravaggio; scomposto dai cubisti; illuminato dalla luna che non c’è, nelle notti di Magritte; sognante in Chagall; tragicomico nelle mani di Chaplin in Luci della ribalta; la schiena di una donna nell’obiettivo di Man Ray.

Per Louisa May Alcott, il violino è il più umano di tutti gli strumenti; per Einstein, un tavolo, una sedia, un cesto di frutta e un violino rappresentano la felicità.

Una sua versione più semplice ha viaggiato dalla Cina e – passando dal Medio Oriente – cinque secoli fa si è diffusa in Europa, dove ha preso le forme che conosciamo ancora oggi. Strumento nobile, richiesto alla corte dei re, e strumento povero, nota malinconica di popolazioni erranti. Ambivalente e sempre a suo agio, nella gioia e nel pianto.

Gli strumenti ad arco nascono per imitare le sfumature di voce nel canto; il violino segue il soprano. Nei secoli ha conquistato Bach, Beethoven, Vivaldi, Paganini e tutti i più famosi compositori che gli daranno sempre maggiore spazio nelle orchestre, da protagonista o in accompagnamento.

Dopo aver incontrato il Maestro Cena ho dovuto studiare, soprattutto perché ignoravo l’esistenza di una tradizione piemontese nell’arte liutaia e della Scuola Liuteria San Filippo, di cui Enzo Cena è co-fondatore.

Da quando ha aperto, a settembre dell’anno scorso, all’incrocio tra via Accademia delle Scienze e via Principe Amedeo, capita di vedere persone con il naso all’ingiù che scrutano le finestre di sotterranei nascosti. Così l’ho scoperta io, attirata dagli scheletri dei violini ancora incompiuti che si intravedono dalle grate del bordo strada.

Violinista è chi suona il violino, liutaio è chi lo costruisce e lo ripara. Enzo è uno degli esponenti di questa storia dimenticata che insiste e resiste per vedere proseguire una passione e raccogliere un’eredità che appartiene al territorio. A cavallo tra Settecento e Ottocento, in Piemonte, le liuterie mappate erano 138.

Oggi l’Italia è riconosciuta come eccellenza anche in questa declinazione dell’artigianato, ma Cremona – patria di Antonio Stradivari – spicca su altre città. Oltre ad ospitare numerose botteghe e il Museo Stradivariano, vanta la Scuola Internazionale di Liuteria. Gli studenti provengono da tutto il mondo e le commissioni dei clienti guardano a Cina, Corea e Giappone.

La realtà torinese cerca di recuperare il tempo perduto e di uscire dal cono d’ombra di una confronto che la lega al distretto cremonese da secoli. Nella Storia, le fortune reciproche delle città si sono alternate. Quando – con la morte di Stradivari – la liuteria lombarda moriva, a Torino fioriva nei palazzi della casa reale e nelle botteghe dei liutai francesi di Napoleone. Ad inizio novecento, veniva dimenticata in Piemonte e Cremona ne riprendeva il testimone.

Liuteria San Filippo nasce per riprendere il discorso, per tramandare il metodo artigianale del Settecento e le preziose tecniche che hanno fatto riecheggiare il nome della nostra città nel mondo. L’ambizione del Maestro e dei suoi collaboratori, è creare una realtà formativa che parla di continuità al territorio e che si presta come punto di riferimento per la rinascita di un intero settore produttivo.

Ex allievi della Scuola, da varie città italiane, sono tornati nelle città di origine e hanno aperto piccole botteghe artigianali di liuteria; altre stanno aprendo a Torino e in provincia. Artigiani affermati iniziano a trasferire qui i propri laboratori. Si sta ricreando il sapore di una memoria calata nel ventunesimo secolo; la scuola ha avviato progetti di ricerca con il Politecnico ed è aperta al circuito dell’offerta formativa professionale di alta qualificazione.

I piani didattici sono diversificati a seconda della motivazione personale e delle inclinazioni del futuro studente di bottega e la docenza di cui il Maestro Cena si è circondato vanta fama e riconoscimenti internazionali; lui stesso sa di essere più conosciuto a Londra che in Italia, dove uno dei suoi ultimi violini è stato battuto all’asta per 13 mila euro.

Lo affiancano Alessandro Tosi, liutaio, suo discepolo, Marco Casazza – fisico ambientale e violinista – che fa la spola tra Torino, Firenze e Pechino, e la figlia Martina Cena che cura comunicazione e marketing.

Enzo dichiara con entusiasmo 75 primavere e lascia trapelare un legame tormentato e appassionante con questo strumento. Dopo 32 anni vissuti da liutaio descrive il violino come un imprendibile caos meccanico; come i battiti del cuore, come i fiocchi di neve, come le piante, ha una ripetibilità infinita e mai identica, e deve comunque mantenere un presagio di imperfezione che corrisponde alla bellezza in tutte le cose.

Uno dei pochi elementi su cui si può intervenire per ricercare questa unicità, è proprio l’anima dello strumento. Un cilindretto di legno, posizionato a collegamento tra il fondo della cassa armonica e il piano musicale, soltanto incastrato e non incollato, che per magia fa vibrare in modo diverso le fibre del legno e le corde dei cuori in ascolto.

La realtà va spesso più veloce delle menti di palazzo. Oggi la Scuola vive dell’impegno di chi ci lavora; a Torino, non esiste ancora accreditamento professionale per questo mestiere. Ci sembrava doveroso, nel nostro piccolo, puntare i riflettori e raccontarlo.

Con riconoscenza, Maestro.

Se siete incuriositi o interessati a “toccare con mano”, potete rivolgervi a Martina (guida turistica abilitata) per visite guidate destinate a scuole, famiglie e privati, scrivendo un’e-mail a cenamartina@gmail.com o contattandola a questo numero 3397549422.


All images © 2020 Luca Iovino