Sud Africa in dodici giorni

Chiara Ardenghi Pubblicato il 29 Settembre 2019

“Avrò preso tutto? Sicuramente ho dimenticato qualcosa di essenziale ma inutile farsi venire l’ansia, nel caso compro quando atterro.”
I miei viaggi, da persona perennemente in angoscia, iniziano ogni santa volta con questi pensieri. Tutto completamente inutile perchè il mio precisissimo marito raccoglie tutti i pezzi mancanti e li mette in valigia al mio posto.
Questo è lo spirito con cui affronto da sempre le partenze ma per un viaggio di 3 lunghe settimane in 3 paesi diversi fra loro per clima, mentalità e idea di vacanza è ancora più complicato.
Per non tediarvi con altri particolari inutili parto a bomba a raccontarvi di come mi sono innamorata del Sud Africa.

Cape Town – afro-modernità

Indaffarati su altri mille fronti non abbiamo studiato in modo maniacale né l’itinerario né la terra che stavamo per andare a visitare e quando siamo arrivati a Cape Town siamo stati colpiti da qualcosa di davvero particolare.

Ci ha travolti una sensazione di improvvisa euforia dovuta al cielo azzurro e limpido e alla brezza leggera delle giornate primaverili. Città del Capo si allarga verdissima ai piedi di una catena montuosa davvero imponente. La Table Mountain si staglia grandiosa alle spalle di una città multietnica e poliedrica, architettonicamente la cosa più strana che io abbia visto.

Tra i grattacieli e le township (sterminate baraccopoli in lamiera) sorgono un numero imprecisato di edifici coloniali mantenuti in modo impeccabile, tanto da sembrare quasi finti.
Eppure in questo mix non esiste altro che verità. La verità della colonizzazione e dello schiavismo, la cruda realtà dell’apartheid che formalmente non esiste più ma che in realtà si avverte ovunque.
Nei ristoranti e nei locali è sempre e immediatamente evidente che ad essere seduti a mangiare sono “gli europei” e a lavorare sono i nativi.

La bellezza di queste persone però è qualcosa che non dimenticherò facilmente.
Non abbiamo mai incontrato una sola persona di cattivo umore o senza un sorriso bianchissimo stampato in volto. La cosa ancora più bella però è che tutti cantano: negozianti, ristoratori, camerieri, guide, chiunque. Cantano e lavorano, senza la vergogna che a volte abbiamo noi, perchè il loro cuore batte a ritmo di musica.
Sul Waterfront di Capetown agli artisti è riservato uno spazio per esibirsi; le persone si fermano, ascoltano e a ballano insieme. Nessuno, nella sua serena inclinazione culturale, ha fretta di andare da qualche parte, nessuno corre qua e la come in una colonia di formiche impazzite.

A Città del Capo cosa si può fare? Tutto!

Il primo giorno abbiamo visitato il quartiere di Bo-Kaap che ci ha stregati con le sue piccole case colorate ai piedi della Signal Hill e della Lion Head!
I colori delle facciate e la luce calda del Sud Africa mettono subito allegria e ci hanno fatti entrare nel mood giusto per affrontare il resto della giornata!

Questo quartiere, un tempo noto come quartiere malese, era in origine abitato da schiavi e le case erano bianche.
Il colore arrivò solo intorno al 1834 come simbolo di libertà dallo schiavismo ed emancipazione nei confronti dei padroni.
La zona inizió ad essere tutelata come luogo di interesse culturale solo dal 1943 con la ristrutturazione delle prime 15 case. Dopo la fine dell’apartheid quest’area iniziò a diventare interessante sia come monumento nazionale sia dal punto di vista immobiliare.

Utilizzando Uber per ogni spostamento ci muoviamo verso il Waterfront, la zona del porto, dei locali e dei ristoranti e anche sede della nostra sistemazione per le prime 4 notti.

Un’area tranquilla tipicamente europea con tanto di ruota panoramica e ponte mobile per il passaggio dei battelli tra i canali.
Proprio in questo oceano mare, scorgiamo le pigrissime foche fare capolino tra l’acqua e le barche!

Dal punto di vista culinario devo ammettere che in città scopriamo una cucina ricca, variegata e naturalmente multietnica.
Abbiamo mangiato delizioso sushi alla Harbour House e buonissime insalate di pesce e verdure al Fat Fish Caffe presso il Town Fish Market.
Per i più scettici si possono trovare ottimi ristoranti italiani come Burrata al The Old Biscuit Mill (uno spazio mercato dedicato al design, alla moda, agli eventi e al buon cibo).

Mare e Montagna

Dopo tutto questo masticare e riempire la pancia abbiamo deciso che era il momento di smaltire. Quale occasione migliore se non partire con la funicolare per salire sulla Table Mountain e fare una bella camminata? Nessuna ovviamente! Peccato che come su ogni “tavola” che si rispetti spesso compare la “tovaglia” anche sul monte spesso arriva una fitta massa di nuvole bianchissime che ne copre irrimediabilmente la cima distruggendo ogni speranza di godersi il panorama.


No problem, mettiamo in atto il piano B e saliamo sulla Lion’s Head, un monte altrettanto particolare. Una collina ripidissima di rocce e terra rossa coperta da ogni genere di piante e fiori! In primavera è davvero uno spettacolo e la salita alla cima è davvero divertente per chi ama camminare.

In alcuni tratti ci si arrampica tra le rocce attraverso scalette di ferro e corde e la vista sull’oceano e sulla città è magnifica in ogni punto del percorso!
Arrivare in cima non è complicato (lo dice una che non ha l’atletismo come qualità) e potrete posare gli occhi sull’intera Cape Town, sulle spiagge poco fuori e sulla Garden Route.

Tutto intorno

Con una macchina in affitto, zaini sul sedile dietro, binocoli e macchina fotografica si può facilmente raggiungere Capo di Buona Speranza in giornata.
Quello che consigliamo è di programmare qualche tappa strada facendo per vedere le foche a Houtbay e i pinguini di Boulders Bech.
Tutta questa zona è particolarmente ventosa essendo praticamente in pieno oceano quindi siate previdenti e portate felpa, giacca a vento e un bel cappello caldo altrimenti le orecchie vi fischieranno per un bel po’.

Ad Houtbay purtroppo abbiamo visto solo due otarie, entrambe veramente sonnolente e pigrissime. Così pigre che per la gente del porto non è difficile convincerle a stare ferme sul pontile e farsi fare le foto con i turisti con la promessa di mangiare pesce in lische a volontà.
Sí, si perde un po’ di poesia ma qui le persone cercano di guadagnare come possono. Esiste una grossa fetta di popolazione che vive ai confini della città o tra le montagne e che scende verso il mare a piedi ogni giorno camminando decine e decine di chilometri sotto il sole.

Boulders Beach invece ospita una colonia di pinguini nata da due coppie che hanno prolificato su questa spiaggia all’inizio degli anni ‘80!
Una passerella in legno costeggia alberi bassi e una fitta vegetazione cespugliosa dove gli uccelli riposano all’ombra tra i loro nidi.
Dopo dieci minuti di cammino si raggiungono due punti di osservazione sulla spiaggia e nonostante i tentativi della sabbia portata dal vento di accecarci siamo riusciti a scattare qualche bella foto!

Cape of Good Hope e Cape Point

Io ho pochissima pazienza e ancora meno sopportazione, il vento di Cape of Good Hope durante la foto di rito dietro al cartello aveva già messo a dura prova entrambe! Quelle che abbiamo trovato a Cape Point sono raffiche capaci di farti perdere l’equilibrio e spostarti. Bardati come fossimo in montagna siamo saliti a piedi al faro costruito su un promontorio sull’Oceano. Prima della camminata però sono riuscita a fotografare questo baboon (babbuino) che abbraccia il suo cucciolo godendosi la vista di Capo di Buona Speranza! Mica sceme queste scimmie!

La sensazione di essere così lontani da casa, nel punto più basso dell’Africa, circondati solo dalla potenza dell’oceano e del vento ti trasmette davvero una grande energia!!

Sono giornate sicuramente molto piene di cose da fare e altrettanto belle ma è giunto il momento di… berci su!

Stellenbosh e Swellendam

Forse non tutti sanno che il Sud Africa è un grande produttore di vino, per altro davvero ottimo.
I vigneti sono concentrati per lo più in alcune zone non lontane dalla costa, in vallate protette dalle montagne e creano un paesaggio davvero pittoresco. Purtroppo il periodo primaverile non è il migliore per vedere le viti nel loro massimo splendore ma lo è per sorseggiare un bel calice di vino all’aperto.

Per sgranchire le gambe e mangiare qualcosa sulla strada verso Swellendam decidiamo di fermarci a Stellenbosh. Io sono sempre titubante nella scelta dei ristoranti ma mi sono lanciata sul Graff Delaire, convinta dalle foto del locale e dei piatti trovate sul sito.
Credo che non avrei potuto fare scelta migliore: cibo ottimo presentato in maniera impeccabile, una location mozzafiato e una carta dei vini davvero pazzesca! Per un pranzo come questo in Italia avremmo speso almeno il doppio e non solo l’equivalente in Rand di circa 50 euro a testa.

Satolli ci rimettiamo in auto alla volta dell’ Jan Harmsgat Country House per una degustazione di vini prodotti da loro. Assaggiato 3 bianchi e 3 rossi, sotto un cielo trapunto di stelle, riscaldati dalle coperte e circondati dagli alberi, coccolati dalle fusa di un gattino bianco con gli occhi blu. Una serata che resta impressa come una cartolina nel mio cuore.

Il giorno successivo abbiamo assaggiato anche il succo di melograno, di cui abbiamo visto i frutteti a perdita d’occhio. In questa Farm si raccolgono circa 200 mila tonnellate di melograni all’anno. Una parte dei frutti vengono esportati in tutta europa mentre parte viene commercializzata appunto sotto forma di succo, una delizia!

Dopo questa esperienza meravigliosa percorriamo in due giorni la Garden Route, con tappa serale a Knysna. Finalmente è il momento dei Safari! Raggiungiamo l’Addo Elephant Park e qui.. ne vediamo delle belle!

Safari is not a zoo

Abbiamo scelto di fare questo viaggio con l’idea di provare qualcosa molto lontano da noi e dalla nostra quotidianità. Abbiamo vissuto tutto come un’occasione unica da sfruttare al massimo ed ecco perchè abbiamo deciso di fare 6 giorni di safari in due zone paesaggisticamente molto diverse fra loro.

All’Addo eravamo circondati da montagne ricche di vegetazione. Cespugli bassi, fitti e verdissimi. Il nascondiglio perfetto per gli animali e infatti avvistare qualcosa di diverso dagli elefanti è molto complicato. Qui abbiamo avuto il primo approccio al concetto di riserva privata e al meccanismo dell’osservazione degli animali.

Ci sono moltissime regole da seguire, sia che si effettui il safari con un ranger sia che si svolga in autonomia affittando un’auto.
Assolutamente vietati i rumori forti e i movimenti bruschi, vietato scendere dalla propria auto o alzarsi in piedi sui tracker dei ranger, utilizzare il flash ed avere cibo in vista.

Molti amici vedendo le foto ravvicinate degli animali hanno avuto l’impressione di ammirare bellissimi esemplari in cattività. La percezione che si ha dal vivo non è assolutamente questa. L’intento dei parchi e delle riserve è quello di proteggere gli animali da bracconieri e dalla malvagità dell’uomo. Gli animali nascono e crescono in piena autonomia; cacciano gli altri animali e si nutrono in libertà, si riproducono e fanno crescere il proprio branco senza forzature o “aiuti” umani.

Per lo stesso motivo le aspettative relative ad un safari sono sempre sbagliate.
I ranger usano ripetere decine di volte:
“Safari is not a zoo, we try our best but you can see animals or not”.
Ci hanno detto che spesso i turisti hanno “l’ansia da big five” ovvero la smania di vedere per forza bufalo, elefante, rinoceronte, leone e leopardo! La quantità di animali e specie è talmente vasta che davvero, come nel nostro caso, potresti non trovare il leopardo ma vedere il condor o l’istrice, le giraffe mentre sei in piscina o le zebre a tre metri da te mentre stai cenando.

Gli animali sono davvero selvatici e nel loro ambiente naturale… sì, gli adulti sono abituati a vedere le auto ma può sempre capitare che per difendere un cucciolo spaventato o per un movimento improvviso di troppo minaccino di inseguire il camion. Ecco perché bisogna godersi il game drive nel rispetto dei veri padroni di casa ovvero gli animali, senza troppe aspettative, vivendo tutto come un regalo sorprendente!

Kruger National Park

Il Kruger… oooh il Kruger! Niente di quello che abbiamo visto può essere paragonato all’esperienza vissuta in questo Parco.
Per farvi capire le dimensioni possiamo paragonarlo in modo grossolano all’intera Lombardia e lo abbiamo percorso da sud a nord a bordo di una fantastica Corolla!
Abbiamo affrontato il safari in un modo completamente diverso che con il ranger, siamo andati alla ricerca degli animali secondo i principi che avevamo assimilato all’Addo.

Cercavamo laghetti e zone in ombra fermandoci di tanto in tanto per ammirare qualche esemplare.
La geografia del luogo e il paesaggio aiutano ad avvistare gli animali perchè si tratta qui di vera e propria savana. Gli alberi sono più radi, i prati più secchi e il terreno più pianeggiante.
Abbiamo avuto il privilegio di assistere alla battuta di caccia di una leonessa, vedere i cuccioli degli elefanti, i giganteschi bufali.
E poi ho scoperto che ci sballo a vedere le giraffe! Sono così maestose nei movimenti lenti e scoordinate nella corsa, hanno un pellame magnifico e il muso perplesso, addormentato e anche piuttosto buffo: una contraddizione fatta ad animale! Però se penso Africa penso a lei.

Blyde River Canyon

Pare che in Sudafrica passare dalla Savana all’Irlanda al Canada nel giro di un paio di ore di macchina sia normale!
La Panorama Route è una sorta di varco spazio/temporale e con la serie di pini altissimi piantati e gli immensi camion che ne trasportano i tronchi sembra davvero di essere in Nord America!

Il cuore di quest’area è il Blyde River Canyon, una vallata profondissima attraversata da fiumi circondata da montagne di tutti i tipi! Anche qui la natura è sovrana con le sue lucertole variopinte, fiori gialli e rocce arancioni, il cielo blu e le nuvole bianche! Un arcobaleno fatto a panorama!
Altro landscape, altra sfumatura di questo bellissimo paese!

Mal d’Africa

L’ultima cosa che vi voglio raccontare è relativa al “Mal d’Africa” ed è legata ad una delle ultime cene.
Come coccola ci siamo concessi un paio di notti in un Lodge davvero molto bello in cui i pasti serali erano organizzati in tavolate. Ogni tavolo era occupato dal gruppo di Game Drive e dal proprio Ranger, lo stesso che alba e tramonto ti guidava alla scoperta della natura.

Durante la cena lo staff ha intonato un canto africano ballando tra i tavoli, un canto viscerale e arcano, una cosa così unica e preziosa che ho pianto commossa come una bambina.
Non importavano le parole perchè quel suono di tamburi e quelle voci nella penombra delle candele e del fuoco ci hanno fatto sentire nel profondo l’essenza dell’Africa. In quella musica risiedeva tutto l’amore che queste popolazioni hanno per la loro terra e per la natura e la voglia di esprimerla per farla conoscere al prossimo.

Aspettative e realtà

Non tutti i viaggi sono uguali, e non solo perchè diversa è la loro destinazione ma spesso lo è anche il loro significato.
A volte hanno il gusto di un viaggio di laurea con i migliori amici, a volte sono viaggi in famiglia o magari invece in solitaria.
Organizzati all’improvviso o studiati per mesi, a volte sognati da una vita intera come per la propria luna di miele.
Sicuramente ogni volta le aspettative sono alte e non sempre sono rispettate, in questo caso posso dire con certezza che la realtà ha superato di molto ogni mia fantasia!