Dall’Amazzonia a San Paolo: Vale un Perù secondo Miguel e Patricia

In una tranquilla via del quartiere San Paolo arriviamo da Vale un Perù dopo una piccola esplorazione del quartiere. Troviamo un luogo che non è solo un ristorante, ma per prima cosa una famiglia che ha deciso di trasportarci in un viaggio gastronomico dentro una cultura che parla di radici, incontri e trasformazioni. A guidarci sono Miguel e Patricia, coppia nella vita e in cucina, che dal 2012 raccontano il Perù ai torinesi attraverso i loro piatti, ingredienti a volte mai sentiti e la loro bellissima storia. Miguel arriva dalla costa del Perù, Patricia invece dall’Amazzonia, si conoscono a Torino e qui scelgono di portare la loro visione: non una cucina esotica da cartolina, ma un punto d’incontro culturale. Iniziano con un piccolo locale in via Abrate, poi trovano casa in San Paolo, e qui mettono le loro radici.



Una cucina che è già nel nostro DNA
Patate, zucche, mais, fagioli: magari non ci pensiamo spesso, ma molto di ciò che mangiamo ogni giorno ha origini andine. La cucina peruviana, spesso raccontata come nuova, è in realtà antichissima e profondamente contaminata. Dall’incontro tra mondi precolombiani e influenze africane, asiatiche, europee, nasce una gastronomia ricca e stratificata. Da Vale un Perù si assaggia proprio questo incrocio: le crocchette di quinoa con mozzarella filante, il platano fritto come si mangia in Amazzonia (occhio perché crea dipendenza), il ceviche con ricciola Mamachi e mais Cuzco, l’Arroz chaufa figlio dell’incontro tra Perù e Cina. Ogni piatto è un racconto: “Non è fusion“, ci dice Miguel, “è la nostra cucina di tutti i giorni“.






Una tradizione che si evolve (ma non si svende)
Torino è una città esigente, e qui non basta la novità per conquistare. Serve coerenza, qualità, tempo. Miguel lo sa bene, ma ha scelto fin dall’inizio di non provare ad addomesticare troppo le sue ricette e i suoi sapori per avvicinarsi al gusto italiano. Il risultato? Un ristorante che non solo ha fidelizzato la sua clientela, ma che è diventato un luogo di passaparola culturale, dove ogni piatto è l’occasione per scoprire qualcosa in più. Ad accompagnare i nostri antipasti c’è, naturalmente, il Pisco Sour, preparato con Pisco (l’acquavite peruviana ricavata dalla distillazione dell’uva), lime, angostura e albume, anche in versione con frutto della passione. Ad accompagnare i dolci invece El Capitan, un cocktail a base di vermouth, nato tra le montagne andine per scaldare i militari, oggi servito in coppa Martini con vermouth piemontese. E poi i dolci alla lucuma e cacao peruviano, ma anche con il dulce de leche fatto in casa: golosità pura.









Vale un Perù. Letteralmente.
Il nome è un gioco di parole che arriva da un antico detto italiano: “vale un Perù”, ovvero vale tantissimo. All’epoca degli spagnoli, il Perù era sinonimo di ricchezza, oro, ed esotismo. Miguel e Patricia hanno ripreso quell’espressione per ribaltarne il senso: oggi il tesoro non è più l’oro, ma la cucina. E il valore sta proprio lì, in una gastronomia che parla di territorio, resilienza, memoria e identità. Un invito a entrare, sedersi, assaggiare e imparare. Perché un piatto – se preparato così – può davvero valere un Perù.



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