Vini l’Autin e la magia della Miniera

Denise Di Santo Pubblicato il 8 Ottobre 2022

Come io e Filippo siamo finiti dentro una miniera è roba che ancora adesso non so spiegarmi. Io ho conosciuto Elisa de L’Autin ad uno dei tanti eventi sul vino e da lì la voglia di approfondire la conoscenza dei loro vini biologici ci ha portati fino a fare un viaggio fiiiiino in miniera. Questo è uno di quei racconti che non capitano spesso su questi schermi. Si tratta di una storia totalmente non convenzionale, diversa da tutte le altre testimonianze beverecce di cui ho scritto fino ad ora… Siete pronti per partire alla scoperta dei Vini l’Autin?

L’Autin
Via Sant’Agostino, 40 | Barge
Lu – Ven |  9 – 13 e 14 – 17
Sa | 9 – 17
Do e festivi | chiuso
Sito | Instagram | Facebook

Una storia di passione e valorizzazione del territorio

Partiamo allora dalla conoscenza di chi ha fatto nascere questa azienda tra il torinese e il cuneese. La famiglia Camusso e tutti i loro collaboratori hanno riportato in auge vitigni autoctoni piemontesi e piantato vitigni internazionali per ottimizzare il territorio. Ai piedi del Monviso Mauro Camusso nasce come agronomo, ma decide di affiancare la moglie Maura Beltramo nell’azienda di famiglia che si occupa della lavorazione della Pietra di Luserna a Barge. La sua passione, che trasmette alla figlia Elisa, è quella di valorizzare il territorio e di passare alla produzione di vini biologici. Questi non sono solo destinati alla famiglia, ma a chiunque voglia apprezzare e conoscere i vini del Pinerolese. Insieme alla giovane Elisa e ai suoi studi di Ingegneria Ambientale, fondano la cantina L’Autin basandosi sulla produzione 100% sostenibile e biologica. Anche il nome stesso della cantina vuole evocare il legame con il territorio, infatti Autin significa “piccolo appezzamento di vigneto”. 

Da Barge a Prali per un’esperienza unica

La storia è stata un po’ questa. Volevamo conoscere meglio i vini de L’Autin, ma tra un intrigo e l’altro non siamo mai riusciti ad andare a Barge. Allora un giorno ci sentiamo con Stefano che, oltre ad essere il compagno di Elisa, è anche Sales Manager dell’azienda Beltramo. E succede che ci invitano a partecipare ad un’esperienza unica nel suo genere: “ Ragazzi, vi va di venire a vedere cosa combiniamo con i nostri vini in miniera?”. Subito, mega entusiasti, io e Fil accettiamo l’offerta. Ma torniamo sui nostri passi… perché la miniera? Dovete sapere che gli spumanti metodo classico dell’azienda, dopo la prima fermentazione e l’imbottigliamento, finiscono il loro riposo in una miniera! L’affinamento infatti avviene in Valle Germanasca, precisamente a Prali. Come avrete capito, questa giornata è unica e diventa un affare di famiglia! La famiglia Camusso e Beltramo uniscono le loro forze, nel lavoro come nella vita, e fanno percorrere agli spumanti circa 50km per fare il loro meritato riposo. Da Barge le bottiglie partono presto presto e poi a Prali avviene la magia. 

È proprio qui che siamo arrivati anche noi a emozionarci nei cunicoli dell’Ecomuseo delle Miniere e della Valle Germanasca, precisamente nella Galleria Gianna.
Ps: grazie a ScopriMiniera e ScopriAlpi è possibile prenotare delle visite qui!

Oggi ho fatto una scoperta meravigliosa, imparando una cosa nuova. Qui a Prali, dove affinano le bottiglie i ragazzi de L’Autin, giace e viene estratto il famoso “Bianco delle Alpi”. Si tratta di una varietà pregiata e rara di talco, purissima e unica al mondo! Lo state immaginando il pregio di queste singole bottiglie di poter stare almeno 36/40 mesi qui sotto? Giacchetta, caschetto e via in Galleria.

Il luogo perfetto per l’affinamento non esis… ah no!

Ma cosa ha portato i nostri amici a farsi tutta sta sbatta (che ora vi racconto) per far affinare i loro spumanti qui? Sono 3 le principali motivazioni: buio, umidità e temperatura costante. Diciamo che a 1km di profondità, il rischio che le bottiglie prendano luce proprio non c’è. Come la sicurezza di avere una temperatura di 10° costanti e un’umidità (che abbiamo leeeeggermente sentito) del 90%. Tutte queste, a detta dell’enologo, sono condizioni perfette per il riposo, per i lieviti e per la nascita delle bollicine. Allora qui, rigorosamente e mano, si crea un cordone umano. Una ad uno le bottiglie che devono “uscire” dalla miniera, quindi quelle pronte, vengono passate di mano in mano, shakerate, e poste sulla cassa del trenino che le porta fuori dalla miniera. Qui allora entrano in gioco le nuove bottiglie, quelle che devono “entrare” nelle cave. Con lo stesso metodo, rimpiazzano quelle precedenti. Non senza intoppi ovviamente. In nostra presenza Mauro si è beccato una bottiglia che gli è esplosa in mano, il cui tappo ha colpito il prode guerriero (quanta fatica questo vino, eh?) proprio sul mento. Non curanti delle ferite del lavoro, qua il via vai delle bottiglie procede senza sosta, tra chiacchierate curiose e flash accecanti di Fil. E tra una risata e qualche viaggio su e giù dal trenino, questi Eroi smuovono 12.000 bottiglie. 

La pietra come filo conduttore delle due famiglie

Da tutto questo travaglio e le successive lavorazioni di remuage, degorgement e il confezionamento nascono gli spumanti Eli Brut, Eli Pas Dosè e Eli Rosé. Queste meraviglie hanno acquisito tutte le loro pazzesche caratteristiche tra il talco, nelle cave pregiatissime. Ancora oggi, dopo un po’ di tempo dall’esperienza, stento a credere di aver vissuto una giornata così particolare! Grazie a tutto il team, con il quale abbiamo condiviso un pranzo alla miniera, ho potuto capire meglio la storia e le connessioni con il territorio. Oggi niente degustazione finale (li avevo già degustati con Elisa!), ma un pensiero personale sull’esperienza. Quel giorno di giugno ho avuto il piacere di prendere parte ad un’esperienza incredibile. Senza dubbio molto particolare, anche per gli addetti ai lavori. Ma ho potuto anche toccare con mano quanta passione e dedizione hanno avuto e continuano a mettere tutti i componenti dell’azienda per creare un prodotto realmente unico. E poi mi pare di capire che l’elemento conduttore di tutto, tra le famiglie e il lavoro sia proprio la passione per la pietra e le cave! Ci vediamo in cantina! 


All images © 2022 Filippo Racanella

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