Questa è una storia estiva di colline selvagge e vino buonissimo, nata dal fatto che io e Betta*, in una pausa dalla pandemia, ci siamo guardate in faccia e ci siamo dette: andiamo. Andiamo in giro ti prego, prima di sclerare. Andiamo e viaggiamo, anche se da vicino. Ok, allora andiamo alla cascina di Iuli. Chi sa bere bene, a Torino ma non solo, conosce a memoria l’Umberta e Nino, Barabba e Rossore, vini che non hanno bisogno di chiacchiere ma solo di calici pronti e persone care con cui condividerli. Per chi invece non ha mai messo piede a Montaldo – e bere Iuli senza conoscere Fabrizio e Summer è un peccato mortale – ecco quel che resta della nostra fuga estiva. Tenetelo da parte per quando avete bisogno di respirare e girare senza pensieri. Perché in Monferrato i pensieri potete lasciarli stesi al sole ad asciugarsi con le botti, almeno per un po’.
*amica fotografa che ha scattato parte delle foto che vedete (le più belle)
Nel paese delle creature selvagge (Montaldo di Cerrina)
Punto primo: lassù a Montaldo i nemici balordi sono i teneri cerbiatti, non i lupi. Fra le colline della val Cerrina le vigne sono al sicuro o in pericolo per gli stessi motivi e da sempre. Filari che levano terra al bosco, da cui dipendono nel bene e nel male: il bosco li isola, li allontana dalle mode, li difende dalle fantasie. Il bosco poi, se vuole, si mangia tutto. In Monferrato è ancora la parte selvatica a comandare: le erbe spontanee, le bestie e quello che accade col buio. Le mani possono tagliare, sfoltire, raccogliere, selezionare, rafforzare, ma non possono fermare la fame di foglie dei cerbiatti o i morsi dei cinghiali sui grappoli pronti. Solo i lupi riescono a bloccare lo scempio, e lo fanno per indole, senza alcun altruismo verso l’uomo. Di notte, nelle vigne lassù, un uomo conta meno di niente. Come conta poco il giorno in cui la grandine si mette a precipitare a biglie grosse che bucano tutto: poche ore di grandine possono portarsi via il lavoro di un anno o due.
Al sicuro, nella cascina Iuli
Cascina Iuli
Via Centrale 27 – 15020 – Montaldo di Cerrina (Alessandria)
Telefono: (+39) 0142 946657
Cellulare: (+39) 338 256 6139
Email: info@iuli.it / Sito / Instagram
Da Fabrizio e Summer, su alla cascina, le tracce di questa lotta feroce sembrano però sospese e convertite in una bolla di pace. Il vecchio casale di mattoni spicca nel sole, da secoli. Le sedie vuote sotto al pergolato e i tavoli lunghi di legno raccontano di sere infinite a bere e ridere con gli amici. Le stanze sono luminose e i colori delle pareti parlano di costruzioni felici. La cascina è il posto dei giochi bambini, dei piccoli cani, delle capre col nome americano, del campo di zucche e carciofi, degli alberi da frutta e delle botti di cemento stese al sole come panni. Qui la cosa peggiore che può accadere è l’arrivo del postino con un pacco di multe da notificare. O la calata delle zanzare assassine, che dall’alba al tramonto ti fanno la guerra sotto ai vestiti.
Un cuore che batte bossa nova
La cascina di Fabrizio è il punto dove si sono incontrati una terra indomabile e le mani pazienti di un uomo col cuore che batteva bossa nova, e che ora pompa litri vino con qualche aritmia. Perché il vino di Iuli è uva e istinto. Lui lo chiama: la parte femmina delle cose. E’ un vino fatto di quello che sapevi già per indole e che non hai dovuto imparare da nessuno. Sapevi, per esempio, che una terra del genere non vive di chimica e non ha contaminazioni. Confina col bosco e col nulla fino al centro del mondo o alla prossima valle, che è già lontana e non c’è niente di umano che possa stancarla, semmai è lei a stancare te. E ti stancano i 20 ettari di cui conosci la ripartizione ossessivamente: fino a questo filare slarina, da quello in poi barbera, nebbiolo, pinot nero. L’uva del grignolino la riconosci da te: è quella a bordo strada, quella che viaggia da sola e che non ti farà mai capire come va a finire la faccenda.
Il Brasile al confine col Monferrato
Le parole che ho sentito più spesso pronunciare da Iuli nei due giorni insieme sono state: caso e crinale. Il caso è quello dei nomi scelti e dei posti amati, poi lasciati ma mai dimenticati. Il crinale è il limite di queste colline: una linea morbida e definitiva che segna il confine fra il Brasile degli anni 90 – dove Fabrizio viveva – e questo sputo di terra bellissima. Siamo fra la samba in riva all’oceano di Alcântara e la meccanica dei trattori, delle botti e dei filtri. La terra umida del Maranhão ha lasciato spazio al terriccio crepato e calcareo di questo angolo del Piemonte: le mani sono qui, l’anima invece va e torna su voli intercontinentali. E il vino aiuta a non sentire la malinconia.
Sbronze di lusso e albe bellissime
L’apice delle avventure di Betta & Lau alla conquista dei produttori è arrivato la notte in cui abbiamo seguito Fabrizio mentre dava il verderame. Stavamo infrattate fra i filari a tirare madonne alle zanzare, cogli occhi irritati da alba e fungicidi, lei a fare foto, io a inseguire un cane. Quando sbum, arriva il sole, che se ne frega altamente della nostra scarsa predisposizione al lavoro agricolo e occupa tutto, prepotente e beato. E per noi scatta la pace dei sensi. Nonostante fossimo reduci da svariati bicchieri di vino mandati giù in estrema allegria solo poche ore prima. Ma questo è il lusso di quando bevi molto molto bene. Ed è anche il bello andare su da Iuli: ti senti a casa, ma in un altro continente. E ovunque ti giri c’è la terra e c’è sempre spazio per lasciarti andare.
All pics @Elisabetta Riccio/Laura Cappelli 2020
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