Immaginate di essere una barrique di rovere piena di grappa. Immaginate di vivere in un posto incantato in mezzo alla campagna. Immaginate di ascoltare musica classica da mattina a sera. Immaginate di invecchiare così, tra cose buone da mangiare e bere, aria pulita, persone attente alla vostra salute e al vostro benessere, paesaggi da perdere la testa. Ve lo siete immaginato? Eccoci ci siete. Benvenutə nel mondo di Distillerie Berta.
Distillerie Berta – Distilleria nel Monferrato
Via Guasti Giuseppe, 34/36 | Mombaruzzo (AT)
Lu – Ve | 8 – 12 / 14 – 18
Sa – Do | 9 – 12 / 14 – 18
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Distillerie Berta: una storia di famiglia
Arriviamo da Berta un pomeriggio di aprile. Sono i primi caldi, l’aria sa di primavera, a me, Gianluca e Fabio non sembra vero di riuscire a fuggire dalla città in un pomeriggio infrasettimanale. Ad accoglierci a Villa Prato c’è Giulia Berta che ci terrà compagnia per tutta la giornata, portandoci alla scoperta del suo mondo e della sua realtà. Una realtà fatta di vinacce e di barrique di rovere, di distillazioni e di fiere internazionali, di degustazioni di grappa alle 4 del pomeriggio e di chiacchiere infinite. Scopriamo così che Distillerie Berta è la prima distilleria ad avere invecchiato la grappa, che era precedentemente un un distillato povero, giovane e incolore. La famiglia Berta ha invece l’intuizione di utilizzare le tecniche di invecchiamento del vino per far invecchiare la grappa. È il 1998 quando Paolo, il nonno di Giulia, apre la prima botte di grappa. È nata la Roccanivo, la prima Selezione Riserva, una grappa che profuma di anni e di legno, di intuizione e di cura.
La storia della famiglia Berta è strettamente legata al proprio territorio. A quel paesino, Mombaruzzo tra Asti e Alessandria, che diede le origini ai nonni e che oggi è stato completamente trasformato grazie alla Distilleria e in cui i giovani oggi tornano.
La grappa, ossia la circolarità nel mondo della vite
Giulia ci porta a visitare la distilleria dove viene prodotta la loro grappa. E qui scopriamo che la grappa è prodotta con le vinacce della vita, ossia con lo scarto della produzione del vino. Un’economia circolare che esiste da quando esiste l’agricoltura. Per questo motivo esistono la grappa di Nebbiolo e quella di Moscato, si tratta delle uve che vengono utilizzate in produzione. Così la grappa è quell’anello di congiunzione tra terra e cielo nelle nostre campagne. L’80% delle vinacce che vengono utilizzate da Berta sono di origine Piemontese per sottolineare e glorificare il legame con il loro territorio. Vinacce di moscato per la dolcezza, vinacce di nebbiolo per l’eleganza, vinacce di barbera per la robustezza. Ogni vite e ogni pianta rende unica la grappa a cui dà corpo. Dopo la distillazione la grappa Berta invecchia per almeno 5 anni in piccole botti da 100 litri che vengono cullate dalla musica classica. Le botti piccole daranno sapere e persistenza ai sentori e ai colori del legno.
La musicoterapia: quali effetti produce la musica sulla grappa?
Ossia quelIe cose esoteriche che ci fanno impazzire. I primi sostenitori di questo fenomeno furono due enogastronomi austriaci: Markus Bachmann e Thomas Koeberl. Osservarono infatti che durante la fermentazione l’esecuzione della musica classica aiuta a ottenere un vino più raffinato e intenso. Ma non qualsiasi musica classica, quella da preferirsi è quella di Mozart, la cui composizione perfettamente armonica è in grado di agire sui lieviti nel corso del processo di fermentazione.
Cosa succede se si fa ascoltare la musica alle vigne? L’esperimento compiuto dai due enogastronomi sembrerebbe dimostrare come la musica di Mozart faccia diminuire il valore dello zucchero e aumenti quello della glicerina, provocando il fenomeno denominato “mouthfeeling”, caratterizzato dal fatto che il vino diventa più secco, maturo, intenso e denso.
Non sappiamo se questo sia reale o meno, ma sicuramente dona alla visita in cantina un sapore completamente diverso e fiabesco.
La degustazione di grappa
by Gianluca
Siamo al final boss, il momento più temuto e al contempo atteso di queste experience, il momento in cui cadono le maschere e, se di grappa non ci capisci niente, qui non ti basteranno più semplici movimenti della testa per dare l’idea di comprendere mentre ti spiegano di alambicchi e fermentazioni. La degustazione.
Qui è quel momento in cui tu, che di grappa non ne mastichi, tu, che la grappa non la bevi, cominci a fare strane facce e a bere più acqua che altro per non fare brutta figura.
Ma in realtà è solo un attimo. Perché poi ti accorgi che la tua concezione cambia, o almeno la mia è cambiata; la visita alla distilleria termina in un’ampia sala con vista sulle colline, noi ci siamo arrivati alla golden hour e ci ha fatto cadere la mascella. Qui ho scoperto che tutto quello che conoscevo sulla grappa era limitato a pesanti intrugli trasparenti di prodotti industriali che poco hanno a che vedere con quello che ho provato da Berta.
E tra una chiacchiera e l’altra prende forma un percorso olfattivo e degustativo che alterna grappe più giovani e più invecchiate, in un ambiente rilassato al limite del casalingo, che si allontana da quello che nel mio immaginario è la tipica degustazione asettica e boriosa. E tra una chiacchiera e l’altra, una bottiglia e l’altra, riesco pure a scoprire, con sorpresa, che la grappa piace pure a me.
Villa Prato: l’accoglienza è una cosa seria
Nel 2016 la famiglia decide di aggiungere un pezzetto alla propria storia e ristruttura Villa Prato a Mombaruzzo, un’antica residenza oggi diventata relais di charme con 8 suites, una cigar lounge, un ristorante gourmet, un bistrot e una spa di quasi 1.000 metri quadri che offre un trattamento di grappaterapia, dove i prodotti cosmetici utilizzati sono ricavati a partire dalla vinacce d’uva che arrivano alle Distillerie Berta da tutta Italia per essere trasformate in grappa.
Il ristorante: l’Officina di Villa Prato
by Gianluca
L’officina è qualcosa di matto. Sopra di noi i soffitti sono carichi di affreschi, davanti a noi i piatti sono carichi di… Piemonte. C’è del Piemonte qui. Il piatto versa Piemonte. Andrea Cavallo, head chef di Villa Prato, ama questo territorio, lo si sente e lo si vede. Il menù è un concentrato di piatti della tradizione culinaria piemontese, di quella fatta bene, di quella dove il Plin lo senti sotto i denti e la salsa tonnata del vitello non è mayonesosa.
Le sale sono eleganti, i piatti pure e anche i vini. A tavola ci si racconta di quelle divinità che hanno reso la ristorazione piemontese quella che è oggi mentre dalla cucina escono Tajarin che ci dimostrano che all’officina è proprio da queste divinità che si prende spunto per elevare day-by-day il concetto di tradizione, rispettandola e amandola senza volergli accostare forzatamente il maledetto concetto di innovazione.
(Tradizione e innovazione, ve possino a voi che a cui piace scriverlo).
Il percorso, perché di percorso di gusto parliamo, termina prima con i dolci e poi sul tavolo ci atterrano, giustamente, le riserve di grappa Berta, che abbiamo conosciuto prima e che in poche ore ho cominciato ad amare.
Bella anche l’idea della creazione di cocktail a base grappa che danno quel twist in più al termine della cena, tanto stasera non dobbiamo guidare.
All images @ 2022 Fabio Rovere
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