Vi siete mai chiesti quando è stato inventato l’aperitivo? E il primo cocktail, chi l’ha fatto? L’Americano è nato negli Stati Uniti o in Italia? Se c’è un posto dove poter trovare una risposta a tutte queste domande e molte altre non può che essere a Milano, o meglio a Sesto San Giovanni, appena fuori dal confine metropolitano. Qui la fabbrica Campari, che produceva e distribuiva le bottiglie dello storico Bitter in tutto il mondo, ha lasciato il posto agli uffici direzionali e al museo Gallerie Campari, dove ho potuto assaporare storia, arte, design e, naturalmente, un Americano fatto a regola d’arte.
Le ragioni per cui andare:
1. la visita guidata abbraccia storia, arte, comunicazione e pillole di bartending.
2. archeologia industriale e architettura moderna in una città con un grande passato operaio.
3. nelle vicinanze si trovano il museo Hangar Bicocca e l’archivio Giovanni Sacchi, dove venivano realizzati i modelli per l’industrial design italiano che ha fatto la storia
Gallerie Campari
Viale A. Gramsci 161. Sesto San Giovanni MI
MM1 Sesto 1 Maggio FS
galleria@campari.com
Dal martedì al venerdì Ore 10.00, 11.30, 14.00, 15.30 e 17.00
Ogni secondo sabato del mese Ore 10.00, 11.30, 14.00, 15.30 e 17.00
Visite guidate gratuite su prenotazione anche in inglese
Dai salotti alla città
Se è vero che l’aperitivo è nato a Torino con il Vermut, non si può negare che la sua diffusione sia avvenuta anche grazie ai caffè e ai grandi imprenditori milanesi che ne hanno fatto la storia: Ettore Zucca, Bernardino Branca, Ausano Ramazzotti e Gaspare Campari. Quest’ultimo fondò il suo impero nel 1867 proprio nel cuore di Milano, nella neonata Galleria Vittorio Emanuele II: un laboratorio di distilleria in cui venne messo a punto il Bitter all’uso d’Hollanda e due bar su Piazza Duomo, il Caffè Campari e più tardi il Camparino, un caffè dall’ambiente più rilassato sopravvissuto fino ai giorni nostri.
Questi caffè divennero da subito un importante salotto per politici, intellettuali e artisti della borghesia cittadina, in particolare per i Futuristi, che già si dilettavano nella miscelazione di avveniristiche Polibibite.
È qui che la famiglia Campari ebbe la fortunata intuizione di lavorare fin da subito sulla comunicazione del brand, circondandosi negli anni di grandi artisti e designer.
L’arte è comunicazione
La produzione del Bitter è rimasta alle porte di Milano fino al 2005, quando lo stabilimento in mattoni rossi è stato inglobato in un moderno palazzo per uffici progettato dall’architetto Mario Botta e trasformato in museo Gallerie Campari. Qui è esposta solo una parte del gigantesco archivio aziendale, unico nel suo genere e preziosa testimonianza culturale trasversale, che racconta una Milano che cambia attraverso manifesti, video e oggetti dalla Belle Époque fino ai giorni nostri.
Dai manifesti liberty di Marcello Dudovich ai fumetti di Guido Crepax, dagli spot di Federico Fellini ai bicchieri di Matteo Thun, passando per sodalizi duraturi come quello con il futurista Fortunato Depero, primo direttore artistico ante litteram che disegnò anche la famosa bottiglietta di Campari Soda che ancora oggi utilizziamo. Tutto ovviamente rimanda al brand, ma allo stesso tempo documenta un tipo di cultura pop all’avanguardia profondamente legata a Milano e all’epoca storica in cui è stata realizzata.
All images © 2018 Giulia Luppino