Santaromero è quel posto a Torino che ci dice due cose: 1. noi italiani pensiamo di sapere tutto sul caffè; 2. ci sbagliamo di grosso. Quella di essere degli esperti bevitori di caffè è sostanzialmente una certezza nazionale, come la pasta al dente o la pizza fatta bene. Ma se scaviamo un attimo sotto la superficie della tazzina bollente al bancone, ci accorgiamo che di ciò che beviamo ogni giorno, in realtà conosciamo pochissimo (e molto spesso proprio un bel niente). Da dove arriva il chicco? Chi lo coltiva? Come viene lavorato, selezionato, tostato?

Santaromero nasce da una curiosità autentica, da un’ossessione sincera per l’origine del caffè – non solo geografica, ma culturale. E da un’intuizione precisa: raccontare la Colombia e farlo in tutte le sue sfumature. Un progetto che non vuole rifare il caffè “all’italiana”, ma offrirne una visione diversa, più consapevole e profonda. Badate bene, non si tratta di rinnegare la tradizione, ma di darle contesto. Di prendere la bevanda più rituale che abbiamo, e restituirle più umanità e meno superficialità. E magari, tra una tostatura e una tazzina, farci viaggiare – senza spostarci da Torino.



Perché scoprire lo specialty coffee di Santaromero a Torino:
- Per le persone. Dietro il bancone di Santaromero trovi chi il caffè lo conosce, lo ama e lo racconta. Nessuna distanza, nessuna posa: piuttosto scambio, passione e tanta competenza condivisa con naturalezza.
- Potrebbe sembrare scontato ma, per il caffè. È buono. Punto. È complesso, pulito, elegante. È un caffè che ti lascia qualcosa anche dopo l’ultimo sorso. E ti viene voglia di tornarci, senza pensarci troppo.
- Per imparare. Ogni estrazione è un’occasione per capire di più: un territorio, una lavorazione, una varietà. Qui bere caffè è un’esperienza, anche se non te lo dicono mai ad alta voce.



Dalla tostatrice minuscola alla roastery vera e propria
Che maleducato, ho saltato le presentazioni! Francesco e Gabriela sono corpo e anima di Santaromero a Torino. Si sono conosciuti all’università di Pollenzo anni or sono e partendo dal niente, come qualsiasi appassionato che si rispetti, hanno iniziato a tostare il loro caffè in casa. Basta questo per capire di che pasta sia fatto questo luogo: niente paroloni da specialty nerd né pose da influencer del chicco, ma un progetto intenso, radicato e di qualità.
Il progetto nasce nel 2020 con una micro-tostatrice. La trovate ancora qui, stra-usata ma amata, come un cimelio che racconta le origini. Poi Francesco e Gabriela volano in Colombia, incontrano i contadini, assaggiano, scoprono i territori. Non un paese a caso, è stato un ritorno naturale alle origini di Gabriela, che, in Colombia, c’è nata e cresciuta. L’idea iniziale era quella di rimanerci dall’altra parte dell’Atlantico ma, si sa, nella vita è abbastanza difficile prevedere il futuro.
Quindi eccoci al 2023 quando i ragazzi aprono in Vanchiglietta una piccola torrefazione artigianale, tra sacchi di chicchi, attrezzature che sistemano da zero e quel profumo di tostato che ti accoglie appena entri.



Santaromero a Torino e il concept del caffè “luxury”
Se cercate lo stile “tutto boutique e niente sostanza”, Santaromero non è per voi (avvisati e mezzi salvati). Qui il vero lusso è la materia prima: monoorigine Colombia, tracciata, selezionata e venduta pura – non miscelata né banalizzata. In pratica, puoi comprare una busta e portare a casa un caffè davvero autentico. Il loro approccio non è specialty in senso stretto, ma una via “luxury” diversa. Non serve lo slang tecnico, ma una narrazione pulita: “questo chicco viene da qui, coltivato da questa persona e lo abbiamo tostato noi a Torino”.
Nota bene: ogni mattina batch-brew da passeggio, e poi caffè filtro (V60) a scelta all day long!


Solo Colombia, ma con il mondo nel chicco
Come accennato: non aspettatevi decine di origini. La scelta di Santaromero è chiara e coraggiosa. Qui si lavora esclusivamente con caffè colombiano, selezionato con cura da cinque produttori diversi, scelti non per quantità o esotismo, ma per raccontare davvero la complessità di un solo territorio.
Pensatela così: se la Colombia fosse una regione vinicola, sarebbe qualcosa a metà tra la Borgogna e la Champagne. Un luogo in cui microclimi, altitudini, lavorazioni e varietà cambiano a ogni collina, creando caffè con caratteri unici. Volete capire la differenza tra un profilo floreale coltivato sopra i 2.000 metri e uno più cioccolatoso, cresciuto più in basso? Qui ve lo racconta una tazzina al giorno.
Ma la scelta non è solo qualitativa, è anche profondamente personale. Gabriela, cofondatrice del progetto insieme a Francesco, viene proprio dalla Colombia, e con il suo sguardo ha riportato in Italia non solo un bagaglio di conoscenze, ma un tessuto di relazioni umane: con i coltivatori, con gli esportatori, con ogni nodo della catena che porta il chicco dal campo fino a Vanchiglia.
Santaromero, insomma, è una torrefazione che ha un piede ben piantato nel quartiere e l’altro immerso nel fango di una finca colombiana. E si sente, in ogni caffè.



Se siete stufi dei caffè mainstream e cercate un’esperienza che unisca la concretezza del chicco al profilo culturale della Colombia, Santaromero, a Torino, è il posto giusto. Nessun cappello da fancy barista, nessun pilates della tazzina: solo caffè fatto con rispetto, trasparenza e un’idea forte.
Il caffè <<< le persone
Santaromero non lavora con i caffè, lavora con le persone. Il cuore del progetto sta tutto nel legame diretto con i produttori: niente importazioni anonime, niente cataloghi preconfezionati. Il chicco, prima di arrivare a Torino, passa per mani conosciute, storie condivise e territori vissuti in prima persona. Il risultato? Una qualità che non è solo misurabile in tazza, ma che nasce da relazioni vere — quelle che durano e fanno bene a tutti, lungo tutta la filiera.
Bere caffè di Santaromero, è un atto semplice che racconta qualcosa di grande. Non serve essere esperti, ma solo curiosi. E magari pronti a cambiare idea su cosa voglia dire davvero “buono”.
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