Non sono solita a scrivere articoli culinari, ma questa volta mi sono messa in gioco. La mia prima volta doveva essere importante, dedicata a un posto del cuore. Il locale Tabacchi in Santa Giulia ai tempi dell’università; Ghigo a Natale facendo la fila per ordinare la Nuvola; e da novembre a questa parte si è aggiunto anche Smashy, dove il mio rito personale è ordinare un cheeseburger, sedermi in Piazza Carlina e mangiare in un sol boccone quel piccolo diamante fatto di carne, formaggio e felicità.
Smashy: volere è potere
Ho incontrato Stefano e Alberto (all’appello mancava un secondo Alberto), due dei tre ragazzi che hanno fondato Smashy e ho chiacchierato con loro facendomi raccontare come sia nata l’idea del locale e del suo effettivo successo. Mi hanno raccontato di come per loro sia stato fondamentale vedere questa stessa tipologia di locale all’estero, e di studiarne l’approccio con la clientela. Loro in primis, sono clienti e fan sfegatati dello smashed burger: un burger che è il risultato di una particolare cottura – deriva dall’inglese “to smash” e significa letteralmente “schiacciare” – esattamente ciò che viene fatto al disco di carne sulla piastra. La crosticina che si forma sulla superficie lo rende decisamente godurioso e più croccante rispetto ai normali burger, più succosi.
Ma torniamo all’apertura di Smashy. Il rischio di vendere un solo tipo di prodotto era molto alto ma, convinti del loro progetto e facendosi coraggio, i ragazzi si sono buttati a capofitto in questa idea. Una giocata azzardata, ma che sicuramente con il tempo e con il buonissimo riscontro avuto in città si è rivelata vincente.
Il locale viene aperto a novembre 2023 quasi in sordina, senza grandi opening o annunci. Ma il successo di questo format si vede da subito: sin dai primi giorni inizia a esserci grande passaparola e incominciano le prime code all’ingresso per ordinare lo “smashy burger perfetto”.
Casa è anche quando trovi lo Smashy perfetto
Io me ne stavo beata e tranquilla nella mia ignoranza, fino a quando il passaparola non è arrivato anche a me. Dovevo provarlo subito! Arrivata sul posto vedo persone munite di sorriso e CocaCola alla mano aspettare la propria ordinazione. Mi avvicino alla vetrina e dò un’occhiata al menu: un solo panino ordinabile, con la possibilità di renderlo doppio e di aggiungerci il bacon; patatine a parte. Faccio in fretta a scegliere, ordino e aspetto. Dopo tre minuti un ragazzo con un sacchetto in mano pronuncia il mio nome ed è così che finalmente prendo il mio bottino e mi avvio verso Piazza Carlina pronta ad assaporarlo. Tutto perfetto: la carne, di origine italiana, è davvero unica cotta con questa tecnica. Quella crosticina che solo una perfetta reazione di Maillard può fare, fa davvero sognare ad occhi aperti. Il potato bun è soffice e leggero, ma abbastanza consistente per poter trattenere per bene il ripieno; infine la salsa speciale che abbraccia tutti gli ingredienti vi regala l’estati finale. Nota importante per le patatine, le uniche che io mangio senza ketchup o maionese, perché? Sono già perfette così come sono! Croccanti, mai troppo salate. Il problema vero diventa smettere di mangiarle.
Insomma, senza accorgermene avevo un sorriso targato Smashy che mi arrivava da un orecchio all’altro: ecco che è appena stato creato un altro ricordo che mi fa sentire a casa.
Ai giovani la voglia non manca MAI
Oltre alla parte culinaria, vorrei soffermarmi sul lavoro che c’è dietro la cucina di Smashy. Stefano e Alberto mi hanno spiegato quanto sia stato impegnativo aprire il locale, con varie difficoltà e imprevisti sempre dietro l’angolo. L’impegno dei ragazzi però è sempre stato quello di mantenere degli standard alti, oltre al prodotto e agli ingredienti, l’impegno è stato quello di creare e conservare un posto di lavoro sano ed equilibrato, dove lo staff va a lavorare con voglia, serenità e sorriso, perché oltre a un po’ di passione c’è la consapevolezza che venga dato il giusto valore al loro impegno. Io sorrido, annuisco e penso che questa attitudine dovrebbe essere uno standard di tutte le aziende, grandi o piccole che siano. piccole alle grandi imprese.
Il cibo è la forma d’arte più antica
Io però rimango attaccata al mio animo artistico e voglio vederci qualcosa di più di un posto dove si può mangiare un ottimo smashed burger. Alcuni critici, artisti e filosofi hanno provato a esprimere la loro opinione sul confine tra arte e non arte: tutto si rifà al concetto del bello, quindi la soluzione rimane confinata dentro a un altro problema; il tempo passa ma il concetto di bello rimane sempre quello più soggettivo. Non sono una critica, tanto meno una filosofa, ma penso che la soluzione sia proprio la soggettività della risposta. Continuerò sempre a pensare che l’arte ci circonda, poiché ciò che ti fa star bene contiene già una scia artistica al suo interno. E questo posto me l’ha confermato: se dentro a ciò che ti piace metti passione, diligenza, pensiero e coraggio, alla fine il risultato non potrà che essere un’opera d’arte!
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